lunedì 17 novembre 2008

La mia schiena

L’amore non è mai stato come l’immaginavo. Nascosta in quei pomeriggi rubati alle versioni di latino e affogati dentro certi romanzi letti, riletti e ricopiati a brandelli dentro diari saturi di pensieri e immagini. L’amore mi ha presa alle spalle. Amore, così diverso da come l’immaginavo che ho stentato a riconoscerlo. Vorrei trovargli un nome nuovo, perché mi pare che la parola, amore, sia così abusata da aver perso di significato.
L’insofferenza dei rapporti costruiti sull’idea che me ne ero fatta, il senso di soffocamento di certi baci, di certi abbracci troppo stretti, l’assurdità della gelosia e del possesso. Ed infine, o forse era solo l’inizio, l’inciampo casuale.
L’amore mi ha resa libera, e questo è solo uno dei paradossi della mia vita sfumata. Libera da me stessa. Libera di non dover essere niente. Libera di respirare.
Lo chiamerei vento, lo chiamerei mare, lo chiamerei cielo notturno, abisso, temporale, tramonto. Lo chiamerei in molti modi. La parola amore, in effetti, non mi appartiene.
Distanze da colmare e da allungare. Presenza e assenza. Distacco e incontro. Silenzio e parole. Attesa. Pazienza. Fretta e urgenza. Progetti e fallimenti. Unione ed indipendenza. Dettagli e visioni d’insieme. I giorni. Le notti. I viaggi e i ritorni. La calma. La guerra. Il soccorso. La mancanza e la delicatezza.
Mi ha resa libera. Libera di esprimere il bene ed il male. Il bello e il meno bello, fino al brutto. Di fare. Di cambiare. E se è libertà che ho dato in cambio forse è stato anche per l’idea di non poter pretendere, di non poter chiedere. Ma se è libertà che ho ricevuto non escludo possa essere stato per mancanza di attenzione, di concentrazione. Ma in ogni caso è al risultato che guardo e il risultato mi è piaciuto. E lo chiamerei amore, se non pensassi che la parola amore non dice niente.
E se ho recitato certi stralci dei copioni delle storie d’amore l’ho fatto senza piacere, senza convinzione. Solo per sentirmi normale, rassicurata.
Mille lune sono sorte e tramontate da quell’inciampo casuale. E il tempo mi ha cambiata e modellata con le sue dita tenaci. E adesso che l’orizzonte si punteggia di scelte e di futuro ho un po’ paura. Paura che scegliere mi porti a soffocare questa cosa che mi è capitata. Fallire, odiare, rimpiangere, distruggere, perdere, dimenticare. Paura che prometterci, sceglierci, viverci possa renderci infelici. In trappola.
Sono così le rivoluzioni. Le desideri. E ti fanno paura. Sarà che la storia è piena di rivoluzioni. Sarà che la storia insegna che delle volte le rivoluzioni falliscono. Che la storia poi dipende da chi la scrive.è così che ogni goccia di me scava la tua schiena
lentamente
con un ritmo costante

è così che ogni goccia di te scava la mia schiena
lentamente
con un ritmo costante

(P.B.)

7 commenti:

enne ha detto...

Dio che post...In qualche modo è complementare al mio, se non fosse che tu sei così "zen", mentre io trasudo sarcasmo da ogni poro. E ne ho ben donde.
Sottolineerei la parola "inciampo". Io sono inciampata e caduta male.
E dire che lo sapevo. E dire che per questo, e solo per questo, non riesco a perdonare me stessa: perchè ho creduto ad una favola più irreale delle favole più irreali.
Ma tu hai scelto, e sei stata scelta. Sono premesse diverse, Onigiri.

Ed Kemper ha detto...

L'inciampo non è mai completamente casuale, ha l'aspetto estraneo e caotico della rivoluzione stessa. L'inciamo è l'alfa, la rivoluzione l'omega.
Post splendido, poetico, emotivamente fortissimo, grazie.
Ed

antonio lillo ha detto...

una vita senza alcun inciampo non è mai completa...

enne ha detto...

Eppure io ne avrei fatto volentieri a meno, Lillo.

antonio lillo ha detto...

devi vedere io con l'ultima storia... che ancora mi lecco le ferite...

è solo un modo come un altro per tirarsi tutti su ;-)

enne ha detto...

Sì: ad una trave del soffitto.

Luca Bleek Sartirano ha detto...

Direi che "la storia dipende da chi la scrive" ti da già tutte le risposte che cerchi...