Il pomeriggio è un po’ decadente. Questo autunno caldo ed assolato che non vuole arrendersi all’evidenza del suo destino. Mi ricorda qualcuno. E non serve neppure troppa fantasia. Ma, mentre la stagione conserva, seppur nella stonatura d’insieme, una bellezza struggente, io mi sento orribile. E orribile in molti modi per giunta. Anche se il mio sentirmi orribile non ha a che vedere col fatto di non arrendermi all’evidenza. O forse si. Ma chisenefrega.
Ho bisogno di camminare. Ma non per un’ora, almeno per un giorno intero. Camminare fino a quando non ci sono più strade per andare oltre. Camminare fino a che non ci sono più gambe per andare oltre. La staticità di questo venerdì è ulteriore fattore di amplificazione del mio sentirmi orribile.
Stare seduti troppo a lungo fa ristagnare i pensieri, li fa depositare sul culo e nel ventre come sedimento dentro una gigantesca cisterna a pera. La acque stagnanti, si sa, sono malsane, malariche, morbose. Camminare, al contrario, fa l’effetto di un mescolatore, i pensieri riprendono a fluire dagli occhi ai piedi, dai piedi alle mani, dalle mani alla testa. Come le acque frizzantine di un ruscello ghiacciato. O di un gigantesco gorgogliatore a pera. Sempre a pera, da quello non si sfugge.
Tra poco finirà l’ossigeno dentro la mia pera. Devo fuggire. Devo correre. Devo.