venerdì 18 maggio 2012

ci baciavamo davanti alla stazione

Ci baciavamo davanti alla stazione Garibaldi.
Nelle lunghe attese di treni in ritardo. Di treni persi.
I libri di analisi appoggiati a terra, tra i piedi. Le mani in tasca.
Milano era grigia e indifferente sullo sfondo. Pennellate di colori caldi come per caso, come per sbaglio.

Ho chiuso gli occhi un attimo, solo il tempo di baciarti le labbra.
Li ho riaperti. E non eravamo più lì. Ma altrove.

E' bastato un attimo. Le gru hanno sollevato piani come fossero fatti di cartone. E il futuro ha preso l'aspetto di km di vetro e acciaio. Un attimo. E non eravamo più lì, a baciarci davanti alla stazione.
Il futuro non ha colore, il futuro ha solo il colore riflesso. Rubato.

Ah, il futuro!
E non è infantile stupore. E non è piacere estetico per le linee lunghe e flessuose. Sebbene non ne sia indifferente. Sebbene mi lasci fascinare.
Ma è troppo. E' disagio di fronte al troppo.
Troppi palazzi. Troppo affollati. Troppo uguali. Troppi piani. Troppo vetro. Troppo riflesso. Troppo spazio sottratto alla vista. Troppo cielo resegato. Troppo pieno.
Disagio perchè non risco ad immaginare questo orizzonte in divenire prendere vita. I lavori corrono. I piani salgono. Ma continua a sembrarmi tutto deserto.
Inutile. Senza vita.

Milano, dovevi cambiare. Ma non così.






mercoledì 16 maggio 2012

una giornata di vento

Il sole e il vento. L'azzurro e il vento. Il vento ed io che ci cammino in mezzo.
I raggi UV e l'ozono ci ucciderano. Ma non sarà poi così male.

Se l'è portato via il vento il mio tempo. I minuti. Le ore. 
Bruciati. Le linee di fumo svanite nell'azzurro, altissimo.
Dove mi trovo? Verso quale dove sto camminando? Se sto cammiando. Oppure è il suolo che si muove sotto ai miei piedi. 
E il vento si porterà via pian piano i colori e la sera. E non lascerà che buio e stelle. E allora, forse, potrò dormire. E allora, forse, potrò respirare. 

Perchè sono le distanze degli astri che danno la giusta misura. Gli anni luce, non i centrimetri delle nostre gabbie anguste, sovraffollate ed indifferenti. Indifferenti. Le gabbie della banalità oscena e prepotente delle quisquiglie che rubano tempo e spazio. E stringono le pareti. Stringono.
Alzare lo sguardo verso il cielo più alto ed oltre.
Per dare ad ogni cosa la giusta dimensione.
Per non affogare nel fango ciò che è fatto di stelle e infinito.
Perchè quella è la materia che ci tiene insieme.
Ed è di quella materia che nascondo un pugno nelle tasche. Perchè nessuno mi possa rubare l'idea, la dimensione, il tempo. O il respiro. Con qualche scusa, con un pretesto banale. Prepotente. Osceno. Perchè nessuno possa farmi credere che dentro una scatola sia il mio posto, quanto il mio tetto è il cielo.

è a questo che mi fa pensare il vento. (oltre che al mal di testa)

lunedì 14 maggio 2012

dove finisce la sera

Dove finisce la sera. Dove le ore del giorno scivolano dentro lo scarico della doccia. Acqua e sapone. 
Lavare via il trucco. Legare i capelli con un elastico. Indossare canottiera e calzonici ed aspettarti leggendo un libro. Ascoltando una canzone che mi piace. Guardando un assurdo documentario su rai5.
Dove finisce la sera. Dentro le lenzuola che sanno di ammorbidente. Incontrare i tuoi piedi. Dimenticare tutto. Dimenticare il resto. Fosse solo per cose ore.
Le troppe persone che sono. Senza mai sentirmi a casa. Senza mai sentirmi una sola cosa. 
I vestiti appoggiati alla sedia. Abbinati i colori. Abbinati al domani che sarà domani. La prima sveglia. La seconda sveglia. Puntate e pronte a far fuoco. 
Dove finisce la sera, tra le lenzuola, nel buio e nel silenzio. Dove finisce io voglio finire, stasera.