Ultimo giorno qui. Metto un pò d'ordine tra le briciole di panettone e i miei fogli sparsi. Mi rannicchio sulla mia sedia. Per terra uno scatolone di fogli, rilegati a spirale, da leggere in questi giorni. Il tempo, ne sono certa, non basterà mai per fare tutto quello che vorrei fare. Ma ci siamo. Qui si chiude. Tra poche ore Natale sarà già passato. Non sono certa di riuscire a rimettermi in pari. Anzi, sono quasi sicura di no. Arriverò incespicante alla mattina di Natale, battuta sul tempo, dal tempo. Mi succede troppo spesso ultimamente, di restare indietro, come se tenere il tempo di ogni cosa mi fosse impossibile. Orchestro gli strumenti come meglio posso ma, invitabilmente, qualcuno resta indietro e qualche nota si perde. Sono stanca, stanca in ognuna delle più minuscole fibre che compongolo il mio corpicetto sghembo. Finisco di riordinare e poi scivolo a casa, sperando che la calda atmosfera della mia stanza mi aiuti a sentirmi un pò più Natalizia. E soprattutto mi conceda di scrivere un pò meglio.
venerdì 21 dicembre 2007
giovedì 20 dicembre 2007
panettone
Nell’aria ancora il profumo di panettone e spumante. Sul tavolo la scatola dei cioccolatini aperta. Anche qui un piccolo segno del Natale, scambiare due parole informali con persone cui normalmente si dice solo buongiorno o con le qualo si parla solo&sempre di lavoro, sovvertendo un po’ la gerarchia insovvertibile delle nostre posizioni. In fondo Natale è anche questo. Guardarsi un po’ negli occhi.
Il pomeriggio scorre fluido, un po’ di lavoro e un po’ di sorrisi e parole, in fondo siamo già in vacanza per metà.
L’angoscia liquida di ieri se ne va piano piano, lasciandomi stordita e stanca ma più leggera. E così, un po’ timidamente, mi incammino anch’io, in punta di piedi, verso Natale, con tutto ciò che questo comporta.
Ho voglia di stare in casa una giornata intera, armata solo di un pò di musica, di tazze profumate di spezie e cacao, libri e fogli di carta. Ho voglia della luce del pomeriggio che entra dalle finestre della mansarda, di un vecchio film e una coperta morbida. Ho voglia di tenerezza e piccole cose, dettagli da portarmi addosso nelle fredde mattine di gennaio che verranno. Ho voglia di vedere qualche sorriso sui visi delle persone che amo, di parole come carezze, di baci sulle guance fredde. Ho voglia di calze colorate per camminare sul parquet della sala, delle luci del mio albero che si accendono a intermittenza (prima le verdi&blu, poi le rosse&gialle), della tazza di te come me la fa mia nonna, del nasco incollato alla finestra mentre guardo la sera scendermi intorno. Ho voglia di tempo per te. Questo è il Natale che desidero. Tutto qui.
E come regalo vorrei guardarmi allo specchio a sentirmi a mio agio con me. Questo è il regalo che vorrei farmi quest’anno. E chiedo a tutte le stelle di questo cielo (e anche quelle di altri cieli volendo) di darmi una mano, perchè si sa che la questione non impossibile ma comunque ardua.
Beh, per ora prendo un meritato pezzetto di panettone (sperando contenga uvette in quantità spropositata) e torno al lavoro, in fondo Natale è ancora lontano e voglio perdermi il sapore dolce dell'attesa.
Il pomeriggio scorre fluido, un po’ di lavoro e un po’ di sorrisi e parole, in fondo siamo già in vacanza per metà.
L’angoscia liquida di ieri se ne va piano piano, lasciandomi stordita e stanca ma più leggera. E così, un po’ timidamente, mi incammino anch’io, in punta di piedi, verso Natale, con tutto ciò che questo comporta.
Ho voglia di stare in casa una giornata intera, armata solo di un pò di musica, di tazze profumate di spezie e cacao, libri e fogli di carta. Ho voglia della luce del pomeriggio che entra dalle finestre della mansarda, di un vecchio film e una coperta morbida. Ho voglia di tenerezza e piccole cose, dettagli da portarmi addosso nelle fredde mattine di gennaio che verranno. Ho voglia di vedere qualche sorriso sui visi delle persone che amo, di parole come carezze, di baci sulle guance fredde. Ho voglia di calze colorate per camminare sul parquet della sala, delle luci del mio albero che si accendono a intermittenza (prima le verdi&blu, poi le rosse&gialle), della tazza di te come me la fa mia nonna, del nasco incollato alla finestra mentre guardo la sera scendermi intorno. Ho voglia di tempo per te. Questo è il Natale che desidero. Tutto qui.
E come regalo vorrei guardarmi allo specchio a sentirmi a mio agio con me. Questo è il regalo che vorrei farmi quest’anno. E chiedo a tutte le stelle di questo cielo (e anche quelle di altri cieli volendo) di darmi una mano, perchè si sa che la questione non impossibile ma comunque ardua.
Beh, per ora prendo un meritato pezzetto di panettone (sperando contenga uvette in quantità spropositata) e torno al lavoro, in fondo Natale è ancora lontano e voglio perdermi il sapore dolce dell'attesa.
mercoledì 19 dicembre 2007
una piccola piccola mattina triste
È una bella giornata di cielo limpido sopra Milano. Ma io sono ansiosa e fragile nella mia pelle. In fondo in fondo, dentro i miei occhi, sento muoversi le maree delle mie emozioni, le mie lune in contrapposizione confondono e sbilanciano gli equilibri precari dei flussi dei miei stati d’animo. Mi lascio galleggiare, con gli occhi aperti, rossi per il vento. Ho imparato a sentire arrivare questi momenti, a lasciarli passare, scorrere via. Eppure non nego che sia comunque difficile sentirseli addosso, sentirne sulle labbra il sapore. Trattenere il respiro aspettando che siano già passati oltre.
Non mi piace sentirmi così:
Non mi piace sentirmi così:
[indifesafragiletristeeimploranteaffetto]. Eppure accade. L’unica cosa che posso fare è cercare di farlo passare, stringere i pugnetti insomma. Farmi un sorrisino coraggioso dentro lo specchio e andare oltre. Tutta da sola. In fondo dovrei ricordami più spesso che non ho bisogno di altro.
martedì 18 dicembre 2007
snocciolatrice di nocciolati
Una tazza di orzo e un microscopico cubetto di cioccolato con le nocciole. Martedì. Tengo le mani nascoste dentro le maniche morbide e lunghe di un maglione viola. Fa sempre troppo freddo qui dentro. Guardo il mio spicchio di inverno fuori dalla finestra. Mi frugo tra i pensieri e sotto la pelle alla ricerca di un po’ di calore, un po’ di pensieri morbidi e profumati di vaniglia che mi spingano dentro questo strano natale. Che si fa pericolosamente vicino. Invece mi perdo di nuovo in dettagli di nessuna importanza, sensi di colpa per colpe fasulle e questioni forvianti. Mi sento come se stessi perdendo di vista (come se non fosse mai accaduto prima) quello è davvero importante.
Lascio perdere. Non ho voglia di addentrarmi in pensieri troppo complicati, densi e pesanti. Rilasso i circuiti e mi lascio andare, mi faccio avvolgere da una spirale di squisite quisquiglie. Tipo come separare il cioccolato dalla nocciole e mangiarle senza che nessuno ne noti l’assenza. Una missione ardua ma non impossibile per un’esperta, come io sono, di sparizioni di uvette&canditi da ignari panettoni (e di mandorle da colombe pasquali, ovvio). Potrei farne una professione. Io che riesco a mangiarne la crosticina del buondì al cioccolato e lasciare il resto. Grattatrice di carte di panettone, rosicchiatrice di croste di grana, sgranocchiatrice di crosticine di polenta sul fondo della pentola, mangiatrice di briciole di biscotto… ed altre amenità. Credo possa esserci qualcosa di non completamente sano in queste passioni culinarie ora che le leggo tutte elencate, cionostante il mio perverso progetto di snocciolare il cioccolato nocciolato resta. Ora mi applico e con ciò do una senso a questo gelido pomeriggio.
Lascio perdere. Non ho voglia di addentrarmi in pensieri troppo complicati, densi e pesanti. Rilasso i circuiti e mi lascio andare, mi faccio avvolgere da una spirale di squisite quisquiglie. Tipo come separare il cioccolato dalla nocciole e mangiarle senza che nessuno ne noti l’assenza. Una missione ardua ma non impossibile per un’esperta, come io sono, di sparizioni di uvette&canditi da ignari panettoni (e di mandorle da colombe pasquali, ovvio). Potrei farne una professione. Io che riesco a mangiarne la crosticina del buondì al cioccolato e lasciare il resto. Grattatrice di carte di panettone, rosicchiatrice di croste di grana, sgranocchiatrice di crosticine di polenta sul fondo della pentola, mangiatrice di briciole di biscotto… ed altre amenità. Credo possa esserci qualcosa di non completamente sano in queste passioni culinarie ora che le leggo tutte elencate, cionostante il mio perverso progetto di snocciolare il cioccolato nocciolato resta. Ora mi applico e con ciò do una senso a questo gelido pomeriggio.
lunedì 17 dicembre 2007
presagi
Questa mattina ho preso il treno presto. Stavo rannicchiata sul sedile, guardando oltre il vetro appannato il colore e la luce di mattina d’inverno. Di questa mattina di inverno.
Pensavo ad un fatto. L’altra notte ho sognato api, un alveare brulicante di insetti malvagi e scuri, minacciosi. Ieri mattina mentre correvo mi sono imbattuta in un alveare enorme, a pezzi sul terreno, completamente vuoto, morto. Una strana inquietudine mi è corsa sulla schiena vedendolo lì, per terra, così sterile ma comunque così minaccioso. Un presagio, mi è parso.
Sono notti di sonno frammentato e interrotto, pieno di immagini e fotogrammi intensi e persistenti. Privi di senso. Sfocati nella luce del giorno, impossibili da ricordare per intero. Nel resta solo il sapore vago tra le labbra. E sensazioni impresse sulla pelle.
Mi rendo conto dell’assurdità della questione, ma il mio mondo onirico e così fertile e variegato che a volte non lasciami suggestionare mi sembra un peccato. Trovare un senso rimane ad ogni modo impossibile. Api. Alveare. Non ne vengo fuori.
A questo pensavo questa mattina sul treno invece che rivedere la mia presentazione. La scienza e l’immaginazione a contendersi la mia attenzione. Inutilmente aggiungerei.
Pensavo ad un fatto. L’altra notte ho sognato api, un alveare brulicante di insetti malvagi e scuri, minacciosi. Ieri mattina mentre correvo mi sono imbattuta in un alveare enorme, a pezzi sul terreno, completamente vuoto, morto. Una strana inquietudine mi è corsa sulla schiena vedendolo lì, per terra, così sterile ma comunque così minaccioso. Un presagio, mi è parso.
Sono notti di sonno frammentato e interrotto, pieno di immagini e fotogrammi intensi e persistenti. Privi di senso. Sfocati nella luce del giorno, impossibili da ricordare per intero. Nel resta solo il sapore vago tra le labbra. E sensazioni impresse sulla pelle.
Mi rendo conto dell’assurdità della questione, ma il mio mondo onirico e così fertile e variegato che a volte non lasciami suggestionare mi sembra un peccato. Trovare un senso rimane ad ogni modo impossibile. Api. Alveare. Non ne vengo fuori.
A questo pensavo questa mattina sul treno invece che rivedere la mia presentazione. La scienza e l’immaginazione a contendersi la mia attenzione. Inutilmente aggiungerei.
domenica 16 dicembre 2007
tranquilla
Ieri sera sono andata a letto sperando che nevicasse. Ma questa domenica si è presentata con una brina sperluccicante sotto un sole basso e rotondo. Sono andata a correre nel parco, col cappello di lana calcato sugli occhi e le scarpe infangate. Un sentiero stretto lungo il fiume. Labbra secche e occhi lucidi per il sole e il freddo. I pensieri mi svolazzavano intorno come farfalle di ghiaccio e foglie secche, leggeri. Mille domande che restano lì, sospese, senza risposta.
Mi sento enorme oggi. Enorme e minuscola allo stesso tempo. Piccola piccola come una lucina del mio albero in miniatura. E comunque troppo ingombrante.
Devo preparare la mia presentazione per domani. Non ci ho ancora pensato. Vorrei anche uscire un pò, camminare per le strade fredde e rosse e chiare di luci, comprarmi un sacchetto di Te di Natale e poi tornare a casa, al caldo, e annegarmi nel profumo dello shampoo e del te, tra le pagine di un libro. E stare così, semplicemente, tranquilla. Prendermi un pò di tempo. Così. Per me. Niente di importante.
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