Anche questa sera sono rimasta sola. In sottofondo i frusci elettrici dei pc lasciati accesi, delle luci acriliche, del fax. Fuori scende la sera, grigia e umida di autunno. Io la guardo da dietro il vetro chiuso, con le guance rosse come accade dopo una riunione troppo lunga. Con le mani fredde, con le dita sottili che sfiorano il vetro disegnando cerchi e cuori immaginari.
Sono davvero confusa. Confusa, nervosa, agitata. Non so cosa darei per ritrovare un pò di calma, un pò di pace. Non so cosa mi spinga a buttare nella rete i miei pensieri aggrovigliati stasera. Forse la speranza che una volta tirati fuori da me possano trovare spazio e luce per districarsi, per sciogliere i nodi. O, per lo meno, per trovare un pò pace.
Non so nemmeno da cosa o da dove potrei cominciare. Forse dalla mia pancia. La lancetta perversa del malessere. Io ho un serio problema di comunicazione con la mia pancia, siamo due ragazze costrette e vivere in un unico corpo. Si sa come sono le ragazze, un solo palcoscenico è piccolo per due prime donne. Siamo in guerra. E a volte abbiamo giocato sporco persino. Sia io, che lei.
Che poi la pancia è una bella scusa. Nei momenti come ora. E ce ne sono nella vita di momenti così, ma raramente così confusi. Una bella scusa su cui concentrare l'attenzione, le forze e i desideri. Nei momenti come ora dico, quando il resto appare inaffrontabile e totalmente fuori controllo. Posso odiare la mia pancia nella specchio. E pensare che dominandola riprenderei il controllo. E mi sento infinitamente triste perchè so che sono bugie. Assurdità. Perchè non posso finire col crederci di nuovo. E l'eventualità mi fa paura. Ed è paura che si aggiunge a tutta la serie infinita di timori e paure che mi piove addosso. Pioggia.
E sto qui a disegnare cerchi invisbili sui vetri perchè lo so. Che il controllo non esiste. E che forse a volte bisogna lasciarsi semplicemente andare alla deriva per ritrovare la rotta.
E mi sento un pò sola e un pò solitaria in questa sera silenziosa ed elettrica. E tocco la mia pancina e in fondo so che mia. Che siamo la stessa cosa. Che devo volerle bene. Che devo volermi bene. Volermi bene. Vado a casa.
...
(mi imbarazza. rilggere. ma ammettere le proprie debolezze è già qualcosa. anche se sono solo parole invisibili su un vetro)