Conto le gocce di passiflora dentro il bicchiere. 40. Un respiro. Un sorso d'acqua corretta. Un sospiro. Un altro sorso. Un respiro. Trattengo dentro la gola il mio stomaco divorato dall'ansia e ribelle al mio modo inefficace di affrontarla. Trattengo una lacrima nervosa in qualche angolo nascosto dei miei occhi. Sento il panico arrampicarsi sulla mia colonna vertebrale, anello per anello, implcabile e ghignante. Un respiro. Un sorso.
Vorrei gridare. Forte. Vorrei piangere. Forse. Vorrei prendere le mie cose ed uscire sbattendo la porta. Adesso. E non pensare. E non dovermi preoccupare per cose più grandi di me sulle quali non ho potere e non ho dovere. Delle volte detesto questo posto. Questo metro quadro surreale su cui sto seduta. Questo ricettacolo di ingiustizie e disparità che, a volte, mi pare non mi porti da nessuna parte. E mentre tra lacrime asciutte mai piante cerco di ingoiare l'ennesimo dei rospi che devo ingoiare mi metto a scrivere. Perchè è l'unica cosa che so fare. Per ternemi a galla. Per non affondare nel mare vorticoso delle mie ansie più o meno coerenti [questa volta sorprendentemente sensate].
E cosa resta del mare negli occhi e sulle labbra, del vento e della sabbia, della crema solare da spalmare la sera sulla pelle arrossata e del profumo di pane dei vicoli, cosa resta dei colori e della luce, cosa resta del silenzio e del rumore delle onde come un perpetuo canto notturno, cosa resta del tramonto e del canto dei gabbiani, cosa resta dei passi sulle strade di pietra e della calma della sera che scende come un'ombra fresca sugli occhi stanchi di sole, cosa resta del respiro di chi ti dorme accando in una notte di temporale, cosa resta di un'alba timida e dolcissima? Cosa resta se adesso sono qui ad affogarmi dentro? La realtà cancella e scolora ogni cosa, la copre col fumo del suo cinismo e del suo egoismo cieco.
Che cosa è davvero importante. Che cosa devo fare. Che cosa devo scegliere. Che cosa voglio davvero. Che cosa mi aspetto. E che cosa si apsettano da me. Dove porta questa strada. Dove andrò. Dove andrò a finire. Dove sei adesso e cosa stai pensando.
Tutto. Troppo. Un respiro. Un sorso. Stasera. Mi tengo a galla. O annego.
...
5 commenti:
non puoi capire quanto ti capisco...
la nostalgia è proprio una brutta bestia, non trovi?
è una delle bestie più brutte che esistano...almeno per me...
a volte la nostalgia ha un buon sapore. ma quello che ho sulle labbra è qualcosa di indefinibile, il prodotto di una gran confusione, di dubbi, paure e di una sconfortante sensazione di impotenza. certe volte vorrei mollare tutto e andare a casa. ecco, adesso vado a casa...
Oddio, Onigiri: che ci fai con la passiflora?
;)
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