Una tazza di orzo scalda le mani. E le labbra. Fuori dalla finestra una domenica di novembre calda di sole e cielo azzurro. Sto seduta sul letto. A gambe incrociate davanti al portatile acceso. Perdo lo sguardo fuori dai vetri, anche se è ancora presto la luce brucia già dei colori del tramonto. Torno a me stessa sola dentro la stanza. Sola. La solitudine morbida e malinconica della luce del pomeriggio che riempie l’aria e si riflette nello specchio. Il tempo si dilata e rallenta. Vorrei che questo momento potesse non finire mai. La valigia aperta è ancora vuota e mi da una sensazione di nodo allo stomaco. Mi sento quasi come se dovessi mettere in scena il travestimento di me stessa. Diventare un’altra, quella che devo essere. Cambiare il mio viso, i miei vestiti e con i dettagli il mio modo di essere. Mettere da parte il mio strano mondo emozionale per essere quella creatura razionale che devo essere. Mi stampo sulle labbra un sorriso di quieta efficienza, faccio la valigia e i biglietti per partire. E tornare. Eppure una parte di me resta su quel divano, sotto un copertina rossa a guardare Stand by me e annusare il tuo odore. Sono certa di essere io quella. Sul fatto di essere anche quella che salirà sul treno domani ho qualche dubbio. Sola.
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