mercoledì 5 dicembre 2007

dicembre

Un sole di inverno proietta le ombre dei rami fogli sulla facciata di fronte. Sto a guardare i riflessi della luce sui vetri, sui canali di rame, sulle tegole umide. Il cielo è di un azzurro freddo e intenso, senza l’ombra di una nuvola. La luce ha già preso le sfumature della sera, anche se il pomeriggio è appena iniziato. È già dicembre. Solo ora me ne accorgo. E di nuovo mi colpisce lo stomaco quella sensazione, quel senso di incongruenza tra me e il tempo che passa. E mi passa attraverso. Lasciandomi indietro. Immobile in questo inverno elettrico e veloce, scivoloso sotto i miei piedi.
Bevo un sorso d’acqua per bagnare le mie labbra oggi straordinariamente secche. E cerco di non pensarci.
Mi chiedo se provino tutto questa disperata e assordante sensazione dello scorrere del tempo. Oppure se sia solo una malsana eco del mio modo sbieco di vedere le cose. A volte sento le mie dita serrarsi attorno le cose, per trattenerle, per viverne ogni più piccolo dettaglio, ma quello che ho tra le mani non diventa altro che sabbia che scivola via. E per qualche ragione raccolgo i pochi granelli che restano chiusi nei mie palmi in barattoli di vetro. Appiccico sui barattoli etichette scritte nella mia calligrafia ordinata e li metto in fila sullo scaffale dei frammenti di tempo che sono riuscita a trattenere, a fare miei.
Non credo che sentire le cose in questo modo sia normale.


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