Sono stanca da una giornata interminabile. Il treno scivola verso casa. Le nove. Mangio un biscotto. Fuori dal finestrino una sera d’inverno, le luci accese dietro le finestre. I biscotti sono diventati due. Confortante il sapore di dolce, ma non troppo, tra le labbra, la consistenza in bocca, sulla lingua e tra i denti. C’è stato un tempo in cui un biscotto era solo un biscotto.
Improvvisamente mi sento debole, senza forze. I miei occhi si sciolgono e il mio corpo si frantuma in una miriade di minuscoli pezzetti. Briciole di me. Sento salirmi agli occhi lacrime asciutte, mai piante, trattenute, segrete, senza senso.
Per me un biscotto è molto di più. [il seme di un rimorso, il primo di una serie, l’ultimo prima di una carestia, la ragione della punizione, e altro ancora. troppo].
Amo scrivere. E penso che potrei scrivere di qualunque cosa. Ma non di questo. Ogni parola è lenta e dolorosa, come se me la strappassi dallo stomaco. [c’è chi la chiama ironia della sorte].
Ora lo so. Lo so che un biscotto è solo un biscotto, ma non riesco mai a sentirmi salvata del tutto da questa guerra di briciole e biscotti rotti. La guerra del controllo. Per fortuna le mie grandi battaglie sono ormai temi da libri di storia, ma la loro eco persiste nell’aria, tenue ma tenace. Non tace nella mia testa. E mi soffoca lo sconforto quando mi ritrovo a pensare che forse un biscotto non sarà mai più solo un biscotto. Eppure lo so mangiare, un biscotto, sentirne il sapore. Mangiarne un altro se mi va. Scegliere quale mi piace di più. Mi fa sentire bene poterlo fare. Eppure sento lo stesso quell’eco dolorosa di rimorso, di colpa. La sento. Ma ora so ignorarla. Un biscotto è solo un biscotto. Ma è anche un simbolo che fa ancora paura. Un demone. Il mio demone.
Il perdono è nascosto alla fine di un labirinto scuro e io ci sto ancora dentro fino ai capelli, illuminata solo dalla lampada accesa dal mio poco coraggio e dal desiderio lancinante di lasciare tutto al passato. Alla cenere di quel tempo che ho bruciato. Se non imparo il perdono non sarà mai possibile volermi davvero un po’ bene. È la serenità è il premio alla fine di questa fatica.
Mangio un biscotto. L’ultimo. Chiudo gli occhi e respiro lentamente. L’aria fresca entra dentro la mia pelle e allontana le ombre. Lo voglio tanto. Perdonare. Dimenticare. Voglio un biscotto che sia solo un biscotto. Tremo un po’. E ho paura. Una fottuta paura [mi si perdoni l'espressione]. Ma desiderarlo così tanto mi fa sentire forte e mi riempie di una luce abbagliante. In fondo voglio solo essere una normale ragazza.
Improvvisamente mi sento debole, senza forze. I miei occhi si sciolgono e il mio corpo si frantuma in una miriade di minuscoli pezzetti. Briciole di me. Sento salirmi agli occhi lacrime asciutte, mai piante, trattenute, segrete, senza senso.
Per me un biscotto è molto di più. [il seme di un rimorso, il primo di una serie, l’ultimo prima di una carestia, la ragione della punizione, e altro ancora. troppo].
Amo scrivere. E penso che potrei scrivere di qualunque cosa. Ma non di questo. Ogni parola è lenta e dolorosa, come se me la strappassi dallo stomaco. [c’è chi la chiama ironia della sorte].
Ora lo so. Lo so che un biscotto è solo un biscotto, ma non riesco mai a sentirmi salvata del tutto da questa guerra di briciole e biscotti rotti. La guerra del controllo. Per fortuna le mie grandi battaglie sono ormai temi da libri di storia, ma la loro eco persiste nell’aria, tenue ma tenace. Non tace nella mia testa. E mi soffoca lo sconforto quando mi ritrovo a pensare che forse un biscotto non sarà mai più solo un biscotto. Eppure lo so mangiare, un biscotto, sentirne il sapore. Mangiarne un altro se mi va. Scegliere quale mi piace di più. Mi fa sentire bene poterlo fare. Eppure sento lo stesso quell’eco dolorosa di rimorso, di colpa. La sento. Ma ora so ignorarla. Un biscotto è solo un biscotto. Ma è anche un simbolo che fa ancora paura. Un demone. Il mio demone.
Il perdono è nascosto alla fine di un labirinto scuro e io ci sto ancora dentro fino ai capelli, illuminata solo dalla lampada accesa dal mio poco coraggio e dal desiderio lancinante di lasciare tutto al passato. Alla cenere di quel tempo che ho bruciato. Se non imparo il perdono non sarà mai possibile volermi davvero un po’ bene. È la serenità è il premio alla fine di questa fatica.
Mangio un biscotto. L’ultimo. Chiudo gli occhi e respiro lentamente. L’aria fresca entra dentro la mia pelle e allontana le ombre. Lo voglio tanto. Perdonare. Dimenticare. Voglio un biscotto che sia solo un biscotto. Tremo un po’. E ho paura. Una fottuta paura [mi si perdoni l'espressione]. Ma desiderarlo così tanto mi fa sentire forte e mi riempie di una luce abbagliante. In fondo voglio solo essere una normale ragazza.
Se volessi modificherei il mio viso e ripartirei da zero
ma sarebbe come arrendersi a quello che non sono
e non sentirsi libero...
(Milano circonvallazione esterna)
2 commenti:
Ogni cosa può diventare oggetto di narrazione.
Anche un biscotto.
I biscotti mi perseguitano, mi piace portarli al mattino in una piscina di latte, riempirmi di briciole il maglione, l'unico momento della mattina in cui non corro è proprio il loro momento, davvero me li gusto uno a uno oppure me li porto alla bocca con gesti meccanici e anche se penso sempre "questo è l'ultimo" so già che mi tufferò a prenderne qualcun'altro..
Mi piace soprattutto perchè esistono quasi sempre regole matematiche, ad esempio i primi tre e gli ultimi due sono quelli che mi si frantumano, matematico come il verde.. E poi, ma quanto erano buoni i biscotti al burro che mi portava mia nonna prima di andare alle elementari??
Posta un commento