lunedì 12 maggio 2008

panico da palcoscenico

E' difficile. Pensare di avere ben poco da insegnare, ancora tanto da imparare, e mettersi in cattedra a cercare di spiegare quello che so, avendone ben chiaro l'incompletezza. Non sono abbastanza sicura di me stessa per risuitare convincente. Mi pare. Sono fragile. Ai loro occhi. E ai miei.
Arrosisco. Sempre. Imbarazzo. Vorrei sparire, dileguarmi. Da troppo poco ho lasciato i banchi, le sedie delle ultime file. Sono ancora nelle loro teste. So come giudicano, a cosa pensano, cosa guardano, cosa vedono. Non posso fingere di non saperlo. E questo mi fa paura. E la paura fa il resto. E io mi sento qualcosa come la metà di niente.
Poi mi rendo conto che tra pochi mesi non dovrò più preoccuparmene. E mi viene il dubbio di essermi giocata, male, una possibilità. Fisso le teste sparpagliate a decine in un'aula troppo grande. Classe 1984. Chi più. Chi meno. E io? Sono come loro ma non sono più come loro. Faccio il mio tentativo sperando possa andare bene. Devo solo entrare nel personaggio. Devo solo recitare la mia parte.
Lasciatemi imparare. Datemi una mano. O fatemi a pezzi una volta per tutte.
...

2 commenti:

buИCiA ha detto...

Ho letto i tuoi ultimi 2 post ad alta voce. Non so perchè l'ho fatto, ma ho cominciato così, oggi, leggendo alcuni pezzi tratti da un libro che avevo tempo fa sottolineato; ho continuato così, oggi, leggendo una cosa che ho scritto io; e ho finito così, oggi, leggendo te.
Mi hai fatto sorridere (ma questo già da prima, con il caschetto da lavare un po' più spesso!) e ti ringrazio. Perchè oggi è una giornata un po' giù di tono...
Ti ho letto ad alta voce. E, nn so perchè, ho fantasticato sullo scrivere. Voglio scrivere. Un giorno potremmo scrivere una cosa insieme... No?

Ed Kemper ha detto...

Ti insegneranno, tanto quanto tu a loro. (a fare a pezzi ci penso io)
Ed