domenica 9 novembre 2008

un istante di quiete

Ritagliare un istante di quiete. Mentre scende la sera e sfumano le ombre. Mentre la musica satura l’aria ed allontana i pensieri. Assopisce la ragione. Distende i nervi. Smetto per un attimo di rincorrere impossibili scadenze. Smetto per un attimo di farmi domande, di provare a rispondere, di rivivere, di cercare di comprendere. L’amarezza e la delusione sono veleno. Sono fumo, che non fa respirare. Rilasso le spalle e il collo. Cerco di allontanare un mal di testa infernale che dura da settantadue ore, nonostante la chimica. Cerco di ritagliare un momento. Un istante. Di quiete.
Ho sempre preferito le parole alle musica muta. Le parole delle canzoni. Ho sezionato canzoni a centinaia, verso per verso, parola per parola. Le ho fatte mie. Oppure le ho gettate alle spalle assieme agli altri cumuli di banalità che viaggiano nell’etere. Per me la musica era musica con le parole sopra. Preferibilmente scarna. Preferibilmente acustica.
Poi una sera d’estate ho iniziato ad amare anche la musica. La musica nuda. Senza parole aggiunte. La musica che basta a se stessa. Perfetta.
Una sera d’estate. Ero nella casa al mare. Seduta sul balcone, con la schiena appoggiata al muro ed i piedi nudi e abbronzanti contro la ringhiera. Un albicocca. Non riesco a collocare nel tempo il momento. Ma c’era ancora mio nonno. E stava bene. Visto che era uscito, ed era andato a sentire un’orchestra suonare. Potevo immaginare qualcosa di più noioso. Che poi in ogni caso non sarei sfuggita al concerto. Il paese è piccolo e la casa stava proprio nel centro, ad una decina di passi dal concerto. Scalpiccio di piedi, vociare indistinto, risate e pianti di bambini. Le prime stelle che sorgevano in mezzo al cielo, sopra quei tetti così familiari e così distanti. Fatto sta che la musica è iniziata. Ed era bellissima, perfetta, scrosciante e totale. L’orchestra suonava colonne sonore. La notte esplodeva e perdeva i contorni. Solo cielo e mare e vento e stelle. Ed io restavo lì. Piedi nudi e albicocche. Per ore. Fino a che il direttore augurava a tutti la buona notte.
Da quella notte ho iniziato ad amare la musica nuda. Generi e suoni diversi, per ragioni e in momenti diversi. Senza pretese di raffinatezza. Dischi. Molti. Su tutti uno. Questo. Che suona ancora, ogni volta, come quella sera. Per me. E mi ritaglia attorno un momento perfetto. Un istante. Di quiete.




5 commenti:

IsaccoNucleare ha detto...

musica nuda senza troppi ghirigori e parole stucchevoli..musica dell'anima musica del nostro corpo.....musica da ascoltare ad occhi chiusi, magari vicino alle onde del mare come hai fatto tu
ti abbraccio

antonio lillo ha detto...

la musica è bella tutta, ma forse quella non cantata è più impegnativa al primo ascolto...

io adoro il jazz, coltrane, miles davis, mingus...

mai sentito goodbye pork pie hat, di mingus?

oppure alone together, o my funny valentine di chet baker?

c'è da perdersi e innamorarsene perdutamente e non riuscire più a tornare indietro...

enne ha detto...

I nostri stati d'animo riescono ad operare scelte adatte a noi in quell'istante preciso, e non in un altro. C'è il tempo delle parole e quello della musica nuda, che possiamo riempire con quello che abbiamo dentro.

burro ha detto...

Quando ero più piccolo mi sarò visto la videocassetta dell'ultimo dei Mohicani non so quante volte per ascoltare questo bellissimo pezzo della sua colonna sonora..

Anonimo ha detto...

La musica altro non è che emozioni sonore. E più un pezzo ci emoziona, tanto più quel pezzo è musica.
Chiudo gli occhi e mi lascio investire dalle note, mi lascio travolgere, mi lascio sommergere.
E se un brivido mi scorre per la schiena, allora sarò certo che quella musica diverrà mia, per sempre.