Com’è grigia Milano in questo pomeriggio di novembre. La guardo rabbrividire immersa in un cielo di panna, incorniciata dal legno delle mie finestre. Infreddolita e timidamente malinconica cerco invano di concentrare i pensieri sulle pagine che devo scrivere anche se, invariabilmente, volano via. Altrove. E annego senza ritegno nella malinconia speziata dei colori, nella nostalgia appena accennata che chiude lo stomaco. E mi fa galleggiare. E più cerco di restare a terra e fare quello che devo fare, più il vortice delle emozioni mi trascina lontano. È difficile costringersi a fare qualcosa quando Milano sussurra di pomeriggi passati di freddo e di inverno, di te caldi bevuti dietro i vetri appannati di un bar, l’atmosfera calda dei tavoli pesanti di legno scuro e delle luci basse e fuori i tram a sferragliare sulle rotaie nell’aria fredda e umida di novembre. Pomeriggi rubati di promesse e sguardi, di freddo e biscotti, di tempo denso che sembrava potesse finire da un momento all’altro. E invece mi guardo riflessa negli occhi dei miei pensieri, e sento che quel tempo in fondo non è mai finito. E anche qui, chiusa in questa stanza elettrica di doveri e incertezze, di speranze, fiducia e sfiducia, mi sento quella ragazza. Quella ragazza ripiena di sogni e fantasia. Quella ragazza pronta a credere, a vivere senza paura di restarne delusa, di rimanere ferita. Sotto la crosticina di delusione e disillusione infertami dagli anni che sono passati, dal dolore e dalla rabbia vissuti e accumulati senza difesa, sotto, dentro la morbidezza del mio cuore pulsante, mi sento ancora così. Quella ragazza. E penso che quel tempo non sia poi così diverso da questo. Mentre guardo malinconica il cielo oltre i vetri sento ancora quel calore sotto la pelle. Ripenso con una nostalgia morbida a quei pomeriggi di novembre, il passato è un fuoco a cui scaldarsi, ma sento tra le mani l’intensità del presente e la promessa affascinante del futuro.
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