lunedì 10 marzo 2008

certe volte è meglio così

Guardo fuori dalla finestra masticando un antiacido [quel buon sapore di alluminio e magnesio]. Fuori grigio e pioggia e freddo ed io mi adeguo perfettamente allo sfondo [puntolino in mimetica sulla superficie claustrofobica di questo cielo troppo denso]. La testa affollata e pesante. Lo stomaco inquieto che minaccia seriamente di riproporre su questi canali la replica integrale del pranzo di oggi [minimal ed ugualmente indigesto]. Sono triste, malinconica, nostalgica, mogia, malaticcia e piagnucolosa quanto basta da provare il desiderio di prendermi a sberle [Lo faccio? Lo faccio?]. Mi frulla per la testa l’idea di un caffè, tutto sommato non può farmi che male. Scendo al piano di sotto e mi infilo in fila dietro un esercito di ragazzi dal culo basso [molto molto molto basso] che gracchiano con abbondanza di esclamativi due o tre toni sopra il sopportabile [sono tentata dal desistere ma tengo duro]. Il primo sorso sembra solo caldo e piacevole, al secondo il mio corpo reagisce con violenza con qualcosa che definirei filo spinato. Butto il resto.
Indosso un sorriso smagliante a beneficio della segretaria che cerca di instillarmi un po’ di spirito cospirativo femminile tra questi muri grondanti testosterone. Vedo la bocca muoversi ma, stranamente, non sento suoni. Ad ogni modo il mio sorriso complice sembra soddisfarla. Atterrita dalla mio rinnovato cinismo scivolo dietro la scrivania e indosso i miei occhiali rossi [dei quali non ho bisogno] nel tentativo di rendermi invisibile. Un foglio excel dipinto nei toni bel blu [l’arte è arte signori] mi lancia una lunga occhiata di rimprovero dallo schermo accesso. Questa giornata non sa di niente. Anzi, ad onor del vero, sono io che non so di niente dentro questa giornata.
Sfinita da questa me stessa insopportabile [una massa caricata negativamente a spasso per il cosmo] prendo in mano la situazione ed attivo la modalità multitasking. Il lavoro mi attende, fremente, alla linea di partenza. Sono pronta. Stordirmi di dafare non avrà un buon sapore ma almeno ne ha uno e tanto basta. È abbastanza per altere le percezioni [leggi annientarle] fino a sera, senza lasciarmi triturare dagli ingranaggi appuntiti delle mie sensazioni [leggi pensieri, immagini, sensazioni di un’intensità che sopporterei a malapena in condizioni di massima efficienza]. Mi sento sola e lontana, chiusa dentro una giornata insostenibile, ma visto che è qui tanto vale cavarne fuori qualcosa. Metto in standby la sfera emozionale e accendo la ragione [come la mia lampada UVB da laboratorio, 300Watt a 365nm]. Tutto il resto in ombra. I pensieri in attesa [in disparte]. Certe volte è meglio così.
[oggi ho parlato troppo]

4 commenti:

Luca Bleek Sartirano ha detto...

Un altro giorno di ordinaria normalità.. vedo...

bellissima la foto....

senzanomealcuno ha detto...

Si, tutto vero, ma il lavoro non riesce a tirarmi fuori dal tunnel, quando va come tu racconti, devo dormire, o disperarmi in una passeggiata, solo così passa.

Franz ha detto...

Ordinaria... normalità?!

hum...

io ho mangiato una ziguli sulla corriera, in compenso ho comprato un libro da 976 pagine...
è tanto che non ci sentiamo.

Ti abbraccio

Ed Kemper ha detto...

brutte sensazioni di una giornata insostenibile ed inossidabile.
Un saluto amichevole
Ed