Ci sono momenti in cui sono io la mia nemica peggiore. Armata di rabbia autodistruttiva faccio scempio di me stessa fino a ridurmi a quel gomitolo isterico e lacrimoso che tanto detesto. Quando vedo in quegli enormi occhi riflessi il dolore che so infliggermi è troppo tardi per tornare indietro. Ma non è troppo tardi per cambiare [di questo sono certa]. E se mettere un cerotto sulle ferite di questa mattina non è sufficiente a farmi stare meglio, di certo lo sarà non arrendermi a questa giornata obliqua.
Ho pensato spesso che avere una manciata di briciole di tempo per ascoltare un po’ la mia voce potrebbe aiutarmi a ritrovarmi. Perdersi è facile. Anche troppo. Ritrovarsi è un labirinto di siepi e di rovi e l’unica guida il suono dei miei pensieri.
Il mio guaio. Quel modo che ho di accumulare tutto dentro lo stomaco: ansia, rabbia, amarezza, gioia, dolore, desiderio, frustrazione, incomprensione, forza, fragilità, lacrime e stanchezza. Quel modo di non reagire, di aggiustare, di accomodare e di mandare giù. Per il desiderio di essere come mi vogliono, per il desiderio di fare tutti contenti chiudendomi attorno una rete di fili e funi e sbarre. Impedendomi in sostanza di essere libera. Libera nel dettagli, nelle piccole cose. Ma sono le piccole cose che danno al vivere quel suo certo sapore. E io voglio sentirmi libera. E quella libertà mi manca come ossigeno. E così accumulo, accumulo nodi e spine di sentimenti negativi e repressi che poi esplodono silenziosi facendomi implodere su me stessa come un castello di carte e fiammiferi in una giornata di vento. Fino a ridurmi al gomitolo lacrimoso e fragile che tanto detesto [e di cui sopra].
Ma la libertà non è un regalo. Non è un attitudine. Non è carattere. Non è dovuta o garantita. La libertà si cerca, di persegue e si insegue. E magari si trova. Io voglio essere libera. Io voglio provare. E non trovarmi più a guardare i miei occhi riflessi e vederci dentro quella tristezza senza fondo e senza rimedio. Non voglio che succeda più. Libera. Libera come la luna.
Ho pensato spesso che avere una manciata di briciole di tempo per ascoltare un po’ la mia voce potrebbe aiutarmi a ritrovarmi. Perdersi è facile. Anche troppo. Ritrovarsi è un labirinto di siepi e di rovi e l’unica guida il suono dei miei pensieri.
Il mio guaio. Quel modo che ho di accumulare tutto dentro lo stomaco: ansia, rabbia, amarezza, gioia, dolore, desiderio, frustrazione, incomprensione, forza, fragilità, lacrime e stanchezza. Quel modo di non reagire, di aggiustare, di accomodare e di mandare giù. Per il desiderio di essere come mi vogliono, per il desiderio di fare tutti contenti chiudendomi attorno una rete di fili e funi e sbarre. Impedendomi in sostanza di essere libera. Libera nel dettagli, nelle piccole cose. Ma sono le piccole cose che danno al vivere quel suo certo sapore. E io voglio sentirmi libera. E quella libertà mi manca come ossigeno. E così accumulo, accumulo nodi e spine di sentimenti negativi e repressi che poi esplodono silenziosi facendomi implodere su me stessa come un castello di carte e fiammiferi in una giornata di vento. Fino a ridurmi al gomitolo lacrimoso e fragile che tanto detesto [e di cui sopra].
Ma la libertà non è un regalo. Non è un attitudine. Non è carattere. Non è dovuta o garantita. La libertà si cerca, di persegue e si insegue. E magari si trova. Io voglio essere libera. Io voglio provare. E non trovarmi più a guardare i miei occhi riflessi e vederci dentro quella tristezza senza fondo e senza rimedio. Non voglio che succeda più. Libera. Libera come la luna.
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