Cammino inquieta tra le pareti di questa stanza che mi appare come straordinariamente bianca. Accecante. Cammino stando seduta. Cammino sulle pareti e sul soffitto. Cammino fino ad appoggiare la punta del naso sul vetro e a guardare fuori, Milano accarezzata dalla mano leggera di una pioggia d’autunno. Venerdì. Mi ritrovo sempre più spesso a pensare al futuro, come se il mio campo visivo fosse diventato di colpo più ampio e più luminoso. Come se i miei desideri prendessero forma davanti ai miei occhi senza nessuno sforzo. Come se tutto fosse lì, a portata della mia mano. Eppure lontanissimo. Il futuro è un brivido lungo la schiena. Una vertigine che fa girare la testa. Con la sua incertezza. Con i sui dettagli scolpiti nel ghiaccio e tracciati col dito sulla sabbia del mare. Un attimo chiari. E poi svaniti. E il presente è un freddo venerdì di pioggia e di stanchezza. Mentre fuori il cielo sfuma verso i colori scuri della sera riporto i miei pensieri all’immediato futuro di un finesettimana morbido e caldo come cioccolata. Eppure il futuro prossimo non è più sufficiente. Non basta.
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