Cerco di provare e riparare il guasto che affligge questo venerdì. Invano. La parola warning lampeggia rossa davanti ai miei occhi, apro il cofano ma non so dove mettere le mani. Nell’incertezza le tengo in tasca e lascio che il disastro vada come deve andare [a quel paese].
Ci sono giorni così. Che non funzionano. Mordicchiata alle caviglia dal quel nervosismo un po’ triste e un po’ rabbioso che sanno ispirare certe persone quanto ti siedono davanti e credono di prenderti per naso [chiamiamolo naso]. Le mani inquiete e le spalle contratte. Come un elastico teso al massimo. L’elastico di una fionda pronta a scagliare sulla sua faccia un fumante proiettile di sterco di vacca. A questo penso mentre mi interrompe e si intromette e non si rende conto che sto solo prendendo la mira per centrarlo dritto in fra gli occhi. Non lo lascio parlare. Incalzo. Cercando di non alzare la voce per non cadere nel triste effetto chiuaua isterico che a volte [a me che sono così piccola e fragile] mi tocca. Tagliente. Caustica. Affilata come un coltello per sfilettare lo sfiletto e lancio gli avanzi ai gatti. Ma lui non capisce e continua la sua sorda e goffa marcia militare fuoritempo. Stooop. Mi arrendo. Vorrei rispetto porcamiseria, il rispetto che mi sono guadagnata con queste manine e questi dentini e questi cavolo di occhietti. Volta le spalle per uscire e scaglio il mio proiettile di sterco di vacca sul suo coppino. Poi fischietto e mi volto: “io non sono stata”. Oggi mi sento così. Oltraggiata senza poter di vendetta. [o forse sì].
Metto a bollire l’acqua per un caffè solubile. Sgagno un morso di cioccolato [mangio troppo cioccolato, troppo troppo troppo]. Ho freddo. Conto i minuti che mancano a quando potrò infilarmi tra la coperte e tagliare la gola a questo stramaledetto venerdì.
Ci sono giorni così. Che non funzionano. Mordicchiata alle caviglia dal quel nervosismo un po’ triste e un po’ rabbioso che sanno ispirare certe persone quanto ti siedono davanti e credono di prenderti per naso [chiamiamolo naso]. Le mani inquiete e le spalle contratte. Come un elastico teso al massimo. L’elastico di una fionda pronta a scagliare sulla sua faccia un fumante proiettile di sterco di vacca. A questo penso mentre mi interrompe e si intromette e non si rende conto che sto solo prendendo la mira per centrarlo dritto in fra gli occhi. Non lo lascio parlare. Incalzo. Cercando di non alzare la voce per non cadere nel triste effetto chiuaua isterico che a volte [a me che sono così piccola e fragile] mi tocca. Tagliente. Caustica. Affilata come un coltello per sfilettare lo sfiletto e lancio gli avanzi ai gatti. Ma lui non capisce e continua la sua sorda e goffa marcia militare fuoritempo. Stooop. Mi arrendo. Vorrei rispetto porcamiseria, il rispetto che mi sono guadagnata con queste manine e questi dentini e questi cavolo di occhietti. Volta le spalle per uscire e scaglio il mio proiettile di sterco di vacca sul suo coppino. Poi fischietto e mi volto: “io non sono stata”. Oggi mi sento così. Oltraggiata senza poter di vendetta. [o forse sì].
Metto a bollire l’acqua per un caffè solubile. Sgagno un morso di cioccolato [mangio troppo cioccolato, troppo troppo troppo]. Ho freddo. Conto i minuti che mancano a quando potrò infilarmi tra la coperte e tagliare la gola a questo stramaledetto venerdì.
2 commenti:
thanks God it's friday...
Io lo penso ogni settimana.
Dai, sorridi che domani è sabato!!!
;D
di tante cose ce n'é troppo. di cioccolata mai. mai. mai. mai.
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