Metti una sera. Aggrovigliata sul letto. A piedi nudi. Una matita tra i denti e una tra i capelli. Scribacchio e cancello parole su un foglio a righe. Sento di nuovo quella sensazione che mi prende quando le parole sono troppe e la punta della biro troppo sottile per lasciarle uscire [tappo].
E rimango un po’ così, costipata, a guardare la notte scendere fuori dalla mia finestra e il mio profilo sfocato riflesso dal vetro. Nuvoletta di fiato. Sorriso.
Penso che mi sto allontanando. Penso che sto diventando un’estranea o qualcosa del genere. Penso che la mia vita la sto vivendo troppo lontana.
Penso alle mani di mia nonna che mi insegnano a scrivere ordinata sui quaderni a quadretti grandi delle elementari. Penso alla sua calligrafia. E lo stomaco mi si aggroviglia e si annoda stretto stretto. Quelle lettere ordinate e al contempo un po’ scarabocchiate hanno il sapore di qualcosa di così lontano da farmi sentire perduta. Ho in mente le immagini di un pomeriggio di chissà quando che, seduta al tavolo della cucina, cerco di far entrare dei tarallucci in una tazzina di caffè con dentro un dito di latte. Che paciugona.
Penso che era lì a guardarmi. Penso che c’è ancora ma io non sono più quella bambina e lei non è più quella donna. O forse si. Appoggio la fronte al vetro della finestra, abbastanza freddo da farmi sentire meglio.
Delle volte penso a lei quando era giovane. La immagino come nelle foto in bianco e nero che ho visto qualche volta per casa. La immagino ridere. Innamorata. Mangiare un gelato. Prendere il sole. Andare in bicicletta. Sciocchezze.
Delle volte penso a noi due, a come il tempo ha incrociato le nostre vite. Quel tempo che le dividerà, in un modo o nell’altro. E penso che un giorno sarò io, lei. Penso che la mia vita sarà fotografata in ricordi in seppia. Quelle stesse immagini che ora mi fanno a pezzi per la loro fragilità. Penso che avrò paura. Come ne ho. Penso che siamo fragili.
Poche macchine passano sulla strada fuori dalla mia finestra. Le luci gialle danno all’insieme un aspetto un po’ malinconico. Torno sul letto e accendo la tv su un canale a caso. Non riesco a scrivere stasera. Non voglio pensare.
E rimango un po’ così, costipata, a guardare la notte scendere fuori dalla mia finestra e il mio profilo sfocato riflesso dal vetro. Nuvoletta di fiato. Sorriso.
Penso che mi sto allontanando. Penso che sto diventando un’estranea o qualcosa del genere. Penso che la mia vita la sto vivendo troppo lontana.
Penso alle mani di mia nonna che mi insegnano a scrivere ordinata sui quaderni a quadretti grandi delle elementari. Penso alla sua calligrafia. E lo stomaco mi si aggroviglia e si annoda stretto stretto. Quelle lettere ordinate e al contempo un po’ scarabocchiate hanno il sapore di qualcosa di così lontano da farmi sentire perduta. Ho in mente le immagini di un pomeriggio di chissà quando che, seduta al tavolo della cucina, cerco di far entrare dei tarallucci in una tazzina di caffè con dentro un dito di latte. Che paciugona.
Penso che era lì a guardarmi. Penso che c’è ancora ma io non sono più quella bambina e lei non è più quella donna. O forse si. Appoggio la fronte al vetro della finestra, abbastanza freddo da farmi sentire meglio.
Delle volte penso a lei quando era giovane. La immagino come nelle foto in bianco e nero che ho visto qualche volta per casa. La immagino ridere. Innamorata. Mangiare un gelato. Prendere il sole. Andare in bicicletta. Sciocchezze.
Delle volte penso a noi due, a come il tempo ha incrociato le nostre vite. Quel tempo che le dividerà, in un modo o nell’altro. E penso che un giorno sarò io, lei. Penso che la mia vita sarà fotografata in ricordi in seppia. Quelle stesse immagini che ora mi fanno a pezzi per la loro fragilità. Penso che avrò paura. Come ne ho. Penso che siamo fragili.
Poche macchine passano sulla strada fuori dalla mia finestra. Le luci gialle danno all’insieme un aspetto un po’ malinconico. Torno sul letto e accendo la tv su un canale a caso. Non riesco a scrivere stasera. Non voglio pensare.
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2 commenti:
On and on the rain will fall
Like tears from a star, like tears from a star
On and on the rain will say
How fragile we are, how fragile we are
How fragile we are, how fragile we are
;)
Ricordo quei momenti in cui mia nonna mi raccontava il suo passato, a come era attenta ad ogni particolare che potesse rendermi felice.
Metti una sera, a cena. Il tavolo apparecchiato accuratamente, i fiori, le candele, decine di posate, ritrovarsi a gustare un sapore antico, che rievoca la nostra infanzia.
Spero che tu stia bene, ti abbraccio, Fra.
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