venerdì 26 ottobre 2007

il futuro anteriore

Cammino inquieta tra le pareti di questa stanza che mi appare come straordinariamente bianca. Accecante. Cammino stando seduta. Cammino sulle pareti e sul soffitto. Cammino fino ad appoggiare la punta del naso sul vetro e a guardare fuori, Milano accarezzata dalla mano leggera di una pioggia d’autunno. Venerdì. Mi ritrovo sempre più spesso a pensare al futuro, come se il mio campo visivo fosse diventato di colpo più ampio e più luminoso. Come se i miei desideri prendessero forma davanti ai miei occhi senza nessuno sforzo. Come se tutto fosse lì, a portata della mia mano. Eppure lontanissimo. Il futuro è un brivido lungo la schiena. Una vertigine che fa girare la testa. Con la sua incertezza. Con i sui dettagli scolpiti nel ghiaccio e tracciati col dito sulla sabbia del mare. Un attimo chiari. E poi svaniti. E il presente è un freddo venerdì di pioggia e di stanchezza. Mentre fuori il cielo sfuma verso i colori scuri della sera riporto i miei pensieri all’immediato futuro di un finesettimana morbido e caldo come cioccolata. Eppure il futuro prossimo non è più sufficiente. Non basta.


giovedì 25 ottobre 2007

una sciarpa a righe

Annego in un te verde pera e vaniglia questa giornata grigia di freddo e di pioggia. Il mio profilo si riflette dentro la tazza e i miei pensieri galleggiano nel vapore profumato. Confusa. Ma confusa in un modo leggero. Ebbra dei miei pensieri di una malinconica pienezza. Un silenzio euforico di labbra e occhi sfiorati dal vento. Conto i minuti. Per mettere la mia sciarpa a righe colorate e la giacca blu. Mettermi nelle orecchie una musica lenta e acustica e scivolare fuori. Tra le gocce di pioggia sottili e le pozzanghere. E camminare. Camminare. Coi pensieri che galleggiano in alto. Vento. Pioggia. Aria. Ecco quello che voglio. Adesso.

mercoledì 24 ottobre 2007

tutta mia

Piove. Piove su Milano una pioggia sottile d’autunno. Una tazza rovente al cacao e cannella tra le mani mentre mi perdo nella luce sintetica e abbagliante del portatile acceso. Ho troppo da fare. E i pensieri pericolosamente si perdono nelle gocce fredde e grigie fuori dai vetri. Sto tornando leggera. Lo sento sulla pelle. Sulla punta delle dita. Anche se troppe cose mi trattengono ancora ancorata al suolo sento il corpo farsi aria e galleggiare. Soffio nel vento freddo di questa giornate. Soffio come gocce di pioggia gelata. Sorrisi e lacrime. Parole taciute o sussurrate appena. Silenzio. Tutta mia.








martedì 23 ottobre 2007

libera come la luna

Ci sono momenti in cui sono io la mia nemica peggiore. Armata di rabbia autodistruttiva faccio scempio di me stessa fino a ridurmi a quel gomitolo isterico e lacrimoso che tanto detesto. Quando vedo in quegli enormi occhi riflessi il dolore che so infliggermi è troppo tardi per tornare indietro. Ma non è troppo tardi per cambiare [di questo sono certa]. E se mettere un cerotto sulle ferite di questa mattina non è sufficiente a farmi stare meglio, di certo lo sarà non arrendermi a questa giornata obliqua.
Ho pensato spesso che avere una manciata di briciole di tempo per ascoltare un po’ la mia voce potrebbe aiutarmi a ritrovarmi. Perdersi è facile. Anche troppo. Ritrovarsi è un labirinto di siepi e di rovi e l’unica guida il suono dei miei pensieri.
Il mio guaio. Quel modo che ho di accumulare tutto dentro lo stomaco: ansia, rabbia, amarezza, gioia, dolore, desiderio, frustrazione, incomprensione, forza, fragilità, lacrime e stanchezza. Quel modo di non reagire, di aggiustare, di accomodare e di mandare giù. Per il desiderio di essere come mi vogliono, per il desiderio di fare tutti contenti chiudendomi attorno una rete di fili e funi e sbarre. Impedendomi in sostanza di essere libera. Libera nel dettagli, nelle piccole cose. Ma sono le piccole cose che danno al vivere quel suo certo sapore. E io voglio sentirmi libera. E quella libertà mi manca come ossigeno. E così accumulo, accumulo nodi e spine di sentimenti negativi e repressi che poi esplodono silenziosi facendomi implodere su me stessa come un castello di carte e fiammiferi in una giornata di vento. Fino a ridurmi al gomitolo lacrimoso e fragile che tanto detesto [e di cui sopra].
Ma la libertà non è un regalo. Non è un attitudine. Non è carattere. Non è dovuta o garantita. La libertà si cerca, di persegue e si insegue. E magari si trova. Io voglio essere libera. Io voglio provare. E non trovarmi più a guardare i miei occhi riflessi e vederci dentro quella tristezza senza fondo e senza rimedio. Non voglio che succeda più. Libera. Libera come la luna.

lunedì 22 ottobre 2007

tonight tonight

Avevo quasi deciso di andare a casa presto stasera. Invece eccomi, prigioniera alla mia scrivania. Tra le labbra il sapore di mezzo duplo [da quanto tempo non mangiavo un duplo?] mangiato sulle scale salendo, che è stato pranzo e merenda. Non mi illudo certo che il cioccolato mi faccia bene ma di certo fa bene al mio tetro umore di fanciulletta imprigionata nella più alta torre del castello. La luce fuori sfuma lenta verso la sera. Filtra il tramonto nelle maglie delle foglie degli alberi e accarezza leggero la mie dita sottili sui tasti. Atmosfera romantica a calda fuori che si scontra con ronzio elettrico delle luci al neon e delle scrivanie bianche sullo sfondo nero screziato del pavimento. Voglio uscire. In fretta. Adesso.
E invece resto. Ancora mezzora. Mi rannicchio sulla sedia in una posizione improbabile. Appoggio il mento sulla mano e guardo lo schermo che ferisce la vista col suo bianco accecante. Non so se sia il vento che scompiglia i pensieri o forse solo gli anni che cominciano a far sentire il loro peso leggero sulle mie ciglia ma mi ritrovo a domandarmi cosa farne di me. Perdo lo sguardo in un punto vago a sfocato e mi chiedo come voglio essere. Voglio essere molte cose. Voglio essere molte cose che ancora non sono. Eppure stasera. Stasera sento di poter diventare la persona che desidero. Magia d’autunno. Forse. Ebbrezza della sera che scende infuocata e fredda. Forse. Possibilità vera. Certezza. Forse.
Mi sento fresca e sferzante come il vento che soffia stasera. Mi sento calda e morbida come questo tramonto. Mi sento come una musica di campanelli e ruscelli di fate e gnomi. Mi sento leggera e sorridente dentro la sera. Stasera tutto mi sembra possibile.


...the impossibile is possible tonight...





Autumn&Me

Scrivere di me. Le dita fredde di questi giorni di ottobre sfiorano appena la tastiera. Troppo da dire. E labbra aride di parole che siano efficaci abbastanza. I pensieri danzano confusi davanti ai miei occhi e sbattono contro i vetri chiusi della finestra. Fuori il cielo sopra Milano di fa bianco e denso di nuvole. Lo chiamano autunno. Ma per me è soprattutto una nuova stagione. E il vento freddo che fa correre un brivido sulla mia pelle non è che la promessa sferzante di una libertà nuova. Da conquistare. Da tenere, finalmente, tra le mani.
Ci sono giorni che sono l'inizio di qualcosa. Ci sono giorni che sono la fine di qualcosa. E oggi finisce qualcosa e inzia qualcosa di nuovo. Perchè lo desidero. Lo desidero più di ogni cosa.
E mentre l'autunno mi riempie gli occhi coi suoi colori e mi sfiora le labbra col suo vento freddo io sento il sapore di qualcosa di nuovo. E cerco la pazienza. La pazienza di rassenerare i miei pensieri, di tenerli in equilibrio. Dita agili e pazienti a dare forma ai chicchi di riso di un ongiri.