venerdì 7 marzo 2008

vento e stelle

Una sera di vento e stelle. Torno a casa [Treno]. Un altro giorno mi è bruciato tra le mani. Accendo un fiammifero, ma è un attimo e non resta che buio e odore di zolfo nell'aria. Il tempo suona implacabile l'odiosa melodia del suo scorrere [e io, nel mezzo, cosa diavolo sono?]. E tutto mi sembra troppo breve. Mentre sto bruciando. La mia immagine cambia oltre la mia percezione. E non solo quella. Fermo il tempo sulle tue labbra. Mentre stai bruciando. Fermo il tempo per te. Perchè il tuo bruciare è insieme il dolore e il piacere più grande. Sei lontano ma sento il calore della tua fiamma. Metto la mani a conca per proteggerla dal vento. Tempo [bastardo] non avrai il mio scalpo.

mercoledì 5 marzo 2008

gli elementi

Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Gli elementi. Delle volte accade di percepirli, uno per uno, nella complessa alchimia della materia. L’indipendenza, l’autodeterminazione e la complessità della compenetrazione e della mescolanza. Ibrida. Composita. Complessa. Ed ugualmente pura. Delle volte accade. Oggi.

Per quello che ho visto
Per quello che ho sentito
Per sconcertante necessità
Obbligo di caduta verso mondi leggeri
Di sottili pensieri d'occhio e cuore
Da corteccia cerebrale a potenza nucleare
(accade)

lunedì 3 marzo 2008

perdono

Un dolore alla mano sinistra mi ricorda che sono viva. Delle volte bisogna sentire dolore. Come la schiena fatta a pezzi da cinquanta vasche rana in un tempo di tutto rispetto. Come lo stomaco divorato dall’ansia. Come la mia pelle bruciante della sua barba ispida. Ed altro [che è solo mio e non sto qui a dire]. Delle volte sentire dolore serve. A volte è stupenda eco del ricordo. A volte è soddisfazione. A volte è dolore e basta.
Il mio corpo deve gridare per ricordami di esistere, per ricordami che è parte di me. In quei giorni in cui sguscerei volentieri fuori dalla mia pelle. In quei giorni in cui lo specchio rimanda un’immagine estranea. Il dolore per ricordarmi di essere fatta di carne e sangue. Che ho tra le mani un corpo pulsante e vivo. E che vuole vivere per la miseria. Vivere tutto. L’aria entra dalle labbra e scivola nei polmoni e il cuore pompa il sangue rosso nelle mie vene [mi si perdoni l’inesattezza]. Dal cuore alla mani, alle gambe, agli occhi. E poi di nuovo al cuore. Questo è essere vivi. Respirare.
Un corpo che è mio, che sono io. Mani sottili e precise, tenaci. Braccia lunghe e vene tortuose in trasparenza. Gambe allenate dalla corsa e prostrate da lunghe ore al computer. Ginocchia ossute. La colonna vertebrale un po’ troppo incurvata nella parte bassa. Una valvola del cuore convessa invece che concava. Centinai di piccoli nei. [imperfezioni]. Il mio corpo. Io.
E mi fa male. E vuole vivere. E vuole gridare. E corro più forte per sentirlo battere col ritmo incalzante delle stagioni, della terra e della maree.
E chiedo perdono. Gli chiedo perdono per le troppe volte che l’ho ferito, che gli fatto del male. Mi chiedo perdono. Per l’assurda pretesa di poter vivere meglio senza.
...

i laureati

Oggi è il giorno delle lauree della triennale. Ticchetto sui tasti con in sottofondo i cori da stadio degli amici dei laureandi [dottore, dottore… che poi non fa nemmeno rima] e persino dei botti [non dico altro]. Le finestre ancora chiuse mi risparmiano le zaffate alcoliche della lauree di luglio, anche se in genere in quanto ad alcolemia se la cavano meglio i laureati del quinto [d’altra parte due anni di studio in più serviranno pur a qualcosa, insomma: la riforma universitaria funziona]. Milano rifulge di primavera ma dicono che tornerà un po’ di freddo. Io attendo, con addosso un ridicolo maglioncino con delle maniche microscopiche.
Mi sono laureata nell’aprile duemilaquattro, in un giorno di sole così, in bianco e azzurro e con un mazzo di fiori bellissimo. L’ebbrezza è durata lo spazio di una giornata [poi è iniziata la vita vera], ma quella è stata una bella giornata. Tutti sorridenti [me too]. Chissà se dalla giornata di oggi ricaverò almeno un paio di confetti [adoro i confetti]. Ne dubito. Ci sono laureandi che portano spumante e pasticcini per brindare alla laurea come grande liberazione [lo sarà davvero] dentro bicchierini di plastica [Lo spumante nel bicchiere di plastica c'ha un gusto tutto suo]. Ma non è oggi il caso. Poco male quindi essere tormentata dai dolori di stomaco [Non perdo nulla]. Continuo a ticchettare sui tasti, dentro il mio guscio di linoleum finto marmo e luci al neon. Oggi per qualcuno è un giorno speciale e beve e canta sotto le mie finestre [sorriso velatamente malinconica]. Per me un giorno come gli altri. Oltretutto pomeriggio riunione, quindi farò tardi.

domenica 2 marzo 2008

Domenica pomeriggio

Il cielo è troppo azzurro fuori dalla finestra aperta. Mi sento avvolta da una ebbrezza leggera. Mi sento un po’ nostalgica, un po’ malinconica e un po’ felice. Una magliettina viola senza maniche, i riccioli scuriti dall’hennè che mi cadono profumati davanti agli occhi, i piedi dentro calzini neri da corsa e gambe incrociare sul letto. Dalla finestra un soffio d’aria ancora un po’ troppo fresca. Piacevole. Ci vorrebbe il mare.
La primavera è già qui. La mia dico. E non intendo appassire di nuovo nello spazio di un giorno, ma annaffiare e prendermi cura dei miei germogli per farli fiorire quando sarà il tempo. Lo dico non senza un po’ di incertezza e timore. Ma guardo le mie carte e punto tutto quello che posso, chiudo gli occhi a vada come deve andare.

I know that the spades are the swords of a soldier
I know that the clubs are weapons of war
I know that diamonds mean money for this art
But thats not the shape of my heart...

Nuova

Domenica. Cielo e sole hanno il sopravvento su di me. Mi fanno a pezzi e mi rimettono insieme, dandomi una nuova forma. Mi lascio andare senza resistere a questo processo irreversibile. Luce. Aria. E sole sulla pelle. Le sensazioni di queste ultime ore troppo intense per abbandonarle già alla memoria. Le tengo strette ancora un pò nell'iride dei miei occhi e nei recettori invisibili sotto al mia pelle. Le tengo tra le mani e sulle labbra. Mi piace così. Così com'è. E tutto questo mi rende nuova. Chissà se saprò riconoscermi.

se tu ascoltassi il mondo una mattina
senza il rumore della pioggia...