venerdì 24 aprile 2009

un radiofaro

Eppure mi piace. Questa primavera che stenta ad esplodere. Questa nuvole che coprono, a tratti, il sole. Quest’aria fredda che fa stringere dentro maglioncini troppo leggeri. Odore di pioggia. Ed io che posso sfuggire, ancora per un attimo, al sole pieno. Alla luce piena che non lascia ombre dentro a cui nascondersi.
Mi chiedo se sia vittoria o sconfitta. Se cambiare sia coraggio o paura. Se sia rivincita o tradimento. Ogni passo che mi allontana dal punto in cui ero mi fa vedere le cose da una prospettiva più ampia. Domande nuove mi nascono sulle labbra. Ma per le risposte serve ancora tempo. Ancora camminare. Tengo lo sguardo all’orizzonte, nonostante nelle vene scorra terrore puro gli occhi traboccano di futuro e speranze. Crederci ancora, che sia illusione o coraggio forse non è poi così importante. Non ho strategie. Mi attengo alle sensazioni del momento. E mi faccio carico dei rischi che ne derivano.
Nel frattempo sono alla ricerca di nuovi punti di riferimento, nuove stelle da fissare sulla volta del cielo, per orientarmi. Procedo smarrita, a tentoni, per tentativi. Fa male a volte. Ma ora so sopportare un dolore che prima mi avrebbe sconfitta. Anche se mi sento come se tutto potesse rompersi. Sento nella dita la tenacia dell’acciaio e la fragilità del cristallo. E resto ogni volta smarrita di fronte alla sensazione della moltitudine di sfumature che sono, che siamo. Sentire la pelle come il confine tra due infiniti. Un confine trasparente. La linfa, la vita che pulsa sia fuori che dentro. Respiro. Silenzio. Aria, sangue e terra. Galleggio smarrita e mi lascio trasportare dalle maree.


L'altro ieri

Non si dovrebbe mai restare troppo tempo senza scrivere. Non si dovrebbe mai. I pensieri finiscono per fondersi e confondersi. E si può solo finire col perdersi. E farsi del male. Soffrirne.
Ho perso il conto del tempo. Dei giorni e delle ore. I risvegli precoci dentro questa primavera tiepida. Il sapore del caffè. Lunghi viaggi che si sommano tra loro in un percorso interminabile, interrotto a tratti dal sonno e dai sogni e da una realtà nuova che prende forma e colore. Persone. Parole. Paura e impazienza. Tutto affogato tra le pagine di una raffica di romanzi e, come sempre, nella musica. Un sorriso stanco e improvviso che sale sul viso senza comprendersi. Ed eccomi. A tornare. Qui.
Ecco come ci si sente quando il futuro prende forma di colpo, dopo interminabili attese. Magari confusi e sfiniti. Ma senza rimpianti. Sereni. Non fosse per il mio modo sbieco di lasciarmi sopraffare da certe piccole ossessioni per sfuggire ai momenti difficili, ai timori e alla stanchezza. La solita me che scivola a volte nel fango dei propri limiti facendo male e se stessa. E nient’altro. Ma a stare in equilibrio ci provo e non accetto il cadere come inevitabile, il che, per certi versi, mi lascia sperare in giornate di sole, nonostante il perdurare della danza lieve delle mie ombre.
E’ un pomeriggio tiepido di vento, sole e mal di testa. E’ un pomeriggio solitario quel tanto che basta. Un pomeriggio da provare in caratteri minuscoli e penne colorate. Io sono qui. C’è qualcuno?