venerdì 9 maggio 2008

un tentativo di farmi capire

Avrei voglia di farmi comprendere oggi. Di esprimermi. Fossero parole o chissà che altro. Avrei voglia di farmi guardare in faccia da qualcouno che possa comprendermi. O magari solo che abbia voglia di starmi a sentire. A sentire davvero però. Qualche volta ho quasi paura che se quello che sento lo lascio muto dentro lo stomaco finirò col perderlo, col dimenticarne il senso. Sarebbe un peccato. Forse. O forse no. A chi importa in fondo. Neppure io so se mi importa davvero. Non credo di valere così tanto. Forse nessuno vale poi così tanto.
Delle volte provo una sensazione che fa male. Quella sensazione che ti fa sentire come se ti mancassero le parole per esprimerti. Come se ti mancasse lo strumento. E resti lì, silenziosa, ma di un silenzio che non dice nulla. Oggi le parole ce le avrei. Ma non ho nessuno che può starmi a sentire. E resto io, di nuovo, per me.
La solitudine non è una condizione, non è uno statao d'animo. La solitudine è dentro la nostra natura, è legata indissolubilmente alla nostra vita che è solitaria, singolare. Forse per questo è così bello stringersi, parlarsi piano, sentirsi ascoltati, compresi. Forse per questo è così bello toccarsi le mani, sfiorarsi le labbra, fare di due uno. Forse per questo è così bello trovare un pò di calore in ciò che è freddo. Ma delle volte penso che è solo una coperta e non una primavera e questo mi fa sentire un pò fragile, mi fa venire voglia di stringere più forte per non pensare più.
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giovedì 8 maggio 2008

Non fa male

Vado a pezzi. Il sole batte sulla mia scrivania. L’ora di andare a casa è passata da un pezzo. Io non so decidermi. Nell’indecisione resto. E non vengo a capo di nulla.

Vado a pezzi. Dentro occhi troppo aperti. Occhi per vedere. Occhi da chiudere. E dormirci dentro. E sognarci dentro. Occhi da farsi guardare. Negli occhi. Occhi da piangere. Occhi da asciugare al vento della sera. Senza rancore. Questi occhi dentro i quali vado a pezzi. Stasera. Questi occhi dentro i quali mi rimetto insieme. Stasera. Questi occhi che sono io e tutto il resto è niente.
Vado a pezzi stasera. Per il vento. Per la musica. Per le parole. Per le sfumature. Per il sapore. Per come i vetri riflettono la luce. Per come si muovono le foglie sugli alberi. Per come suonano i miei passi. Per l’odore che ha l’aria. Per il colore dei tetti. Vado a pezzi stasera. I miei sensi esplodono. Io non ce la faccio. E vedo a pezzi.

Non fa troppo male.

mercoledì 7 maggio 2008

Pezzi di carne

Questa giornata mi ha mangiata viva. Cucio insieme i lembi dei morsi sulla mia pelle, canini aguzzi come lame affilate. Rimetto insieme i miei poveri resti insomma. Banalmente. Come tutti. Come tutte le sere.
Mercoledì è andato. Pieno come sono pieni certi giorni frenetici e densi. Ma è andato senza lasciare traccia. Quello che aspetto deve ancora arrivare. Stasera. Rimetto insieme i miei arti meglio che posso, che non resti segno delle ciccatrici. Copri i lividi coi trucchi del mestiere e dipingo sulla lebbra un sorriso che sia dolce e tenero e totale. E, a dire il vero, non è poi così difficile. Stasera.
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lunedì 5 maggio 2008

Free as a girl

Piuttosto stanca chiudo la mia giornata lavorativa con un sospiro. Tutto sommato è sera. Poteva andar peggio. Mi pare, forse, che fuori il cielo si sia rannuvolato. Oggi non ho mosso un passo da questa sedia. Oggi non ho alzato lo sguardo. E' solo l'inizio. E' solo lunedì.
Annuso il profumo della mia pelle. Allungo le gambe. Porto alla labbra una bottiglietta di acqua fredda. Mi pare che un poco alla volta i pensieri rallentino e sciamino via, lasciando il posto ad altro. A me. Stessa.
Una cosa che ho imparato dalla vita adulta è che ad un certo punto i pensieri vanno liberati e fatti volare, se li si costringe a forza su un punto, oltre la loro capacità di sopportarlo, si finisce inguainati in una camicia di forza a battere la testa sulle pareti imbottite di una stanza senza porta.
E' sera, apro la gabbia e faccio volare i pensieri. E mi sento vivere di nuovo. Sento il vento, il cielo. Tutti addosso. Tutti adesso. E' strano. Ma in fondo nemmeno poi tanto.
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Un libro carino rubato a mio padre e il nuovo disco degli afterhours per accompagnare il mio viaggio in treno. Niente di meno.
Spengo il computer, metto la giacchina e chiudo la porta. Scivolo fuori anch'io. Libera e leggera. Almeno fino a domani.
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domenica 4 maggio 2008

Malinconica e lenta

Un lungo pomeriggio malinconico e lento. Seduta sul balcone, infradito e felpa col cappuccio. Lavoricchio col portatile acceso, ascoltando un vecchio cd [Bob Dylan, Morrisey et altri]. Addosso le sensazioni di una lunga notte insonne e di un’allergia che non concedere tregua [primavera: croce e delizia], in testa pensieri che sbattono le ali come farfalle, sul viso un sorriso un po’ stanco, ma sognante. Tutto sommato ho ancora cose da sognare. Scatoloni pieni del materiale di cui sono fatti i sogni, i miei sogni, da aprire e, semplicemente, sognare.
Col mio sguardo un po’ miope [quello un po’ angoscioso, un po’ ansioso, un po’ arreso] vedrei solo, forse, questa distesa interminabile di giorni da qui all’estate [un po’ più di tre mesi], senza tregua, senza respiro, carichi di responsabilità e doveri, di ansie e potenziali frustrazioni [conosco i miei polli e le mie polle]. Non credo mi ci vorrebbe molto a farmi prendere dal panico. Ma i miei occhi sono aperti e vedo molto, molto di più. Ecco perché riesco a districarmi con sorprendere audacia e leggerezza in questa giornata sospesa. Nonostante tutto. Nonostante me. Brilla nei miei occhi infatti l’audace quando timido pensiero di non essere sola: potrà pur essere un periodo di merda ma nel mezzo del vortice io non sarò sola. Tutto qui, quello che serve a tenermi a galla. Oggi. E sempre.

Metti una cena a questo stesso tavolo in una sera chiara di maggio. Metti sashimi, uramaki e una birra chiara. Un po’ di gelato. Lui che fuma una winston blu e io che sprofondo nei miei pensieri cupi per poi riemergerne tra le sue braccia. Quelle mani che mi salvano. Che mi sostengono. Che mi stringono davanti ad una puntata già vista di Senza traccia. E che indugiano un po’ prima di salutarci. E mi sento leggera e affatto confusa. E sento la distanza, il distacco, l’assenza. Mi sento sola ma non perduta. Sento che, per quanto potrà essere duro passare attraverso quello che mi [ci] aspetta né verro fuori. E di quello che verrà dopo, e intanto, non mi resta che sospirare e sognare in questa domenica di maggio malinconica e lenta.
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She's got eyes of the bluest skies
As if they thought of rain
I hate to look into those eyes
And see an ounce of pain
Her hair reminds me of a warm safe place
Where as a child I'd hide
And pray for the thunder
And the rain
To quietly pass me by
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