venerdì 14 marzo 2008

venerdì pomeriggio

Un boccone di pandoro stantio [incrocio le dita] per riempirmi il buco che ho allo stomaco. Un te alla cannella per annegare quell'odioso sapore di burro [detesto il pandoro ma ancora di più le schiacciatine alle olive delle macchinette]. Sono rimasta sola nel nostro triplice ufficio oggi pomeriggio. Ascolto il boss indaffarato con la fotocopiatrice [che ama perversamente] e io scribacchio un articolo in scadenza. Mi fa male la testa e fuori sembra una giornata stupenda. Eppure, tergiverso, mi trattengo ancora un pò. Delle volte mi piace stare qui quando non c'è nessuno. Riesco a concentrarmi sulle cose faccio. Qualunque esse siano. E allo stesso modo riesco a distrarmi totalmente. Ad abbandonarmi senza rete ai miei pensieri. Delle volte gli altri, intorno, sono un conforto, altre volte un limite, una seccatura.
Il primo accenno di tramonto fuori dai vetri. Mi sento bene. Questo è il momento migliore. Il venerdì sera. Quando spengo la luce e nonostante io sia confusa per dover stare concentrata su troppe cose contemporamente [abbia scadenze e doveri da soddisfare, cosa da fare, caselle da riempire], nonostante tutto so che un pò di quel tempo che viene da adesso sarà per me. Sarà lento. Sarà mio. E mi sembra che tutto riacquisti le giuste proporzioni.
Questi giorni sono stati esigenti, pieni di domande e richieste. Spero di essere all'altezza, di saper ripondere. Spengo.

delete

Accade. Che una persona scriva qualcosa e poi strappi il foglio sui cui l'ha scritto. Delle volte mi escono dalle dita parole che poi a rileggerle vorrei non aver scritto. Ci sono cose, in effetti, che non possono essere scritte. E provarci è solo una forzatura. Che mi mette a disagio. Potendolo fare: la cancello. D’altra parte io qui sono la legge, il giudice e l’imputato. [Le mie scuse a chi è rimasto involontaria vittima della mia censura dopo avermi dedicato del tempo. Non potevo farne a meno. Grazie della comprensione]

mercoledì 12 marzo 2008

Blu

Alzo lo sguardo e mi lascio sprofondare nel colore del cielo. Blu. Si allontanano le ombre dalle mie dita. Il cuore si aggroviglia in un nodo intricato. Gli occhi umidi per il vento. Forse.
Un brivido sulla pelle accarezza le mie costellazioni. Nei. Un brivido. Al tempo stesso di freddo e di vertigine.
L’idea della morte sembra una stupida menzogna sotto questo cielo. Il dolore e la rabbia fantasmi dimenticati di mille fa. La violenza e la paura infantili questioni.
Senza peso. Senza contorno. Senza consistenza. Sono aria e lacrime asciutte, soffiate via dal vento. Mi lascio confondere e penetrare e dilaniare dall’aria e dai colori. Sensazioni difficili da sostenere. Immagini e frammenti. Tutti i canali sono aperti. I sensi tesi ad assorbire quanta più sollecitazione possibile. Il cuore si aggroviglia più stretto a proteggere il punto segreto della mia emozione.

lunedì 10 marzo 2008

certe volte è meglio così

Guardo fuori dalla finestra masticando un antiacido [quel buon sapore di alluminio e magnesio]. Fuori grigio e pioggia e freddo ed io mi adeguo perfettamente allo sfondo [puntolino in mimetica sulla superficie claustrofobica di questo cielo troppo denso]. La testa affollata e pesante. Lo stomaco inquieto che minaccia seriamente di riproporre su questi canali la replica integrale del pranzo di oggi [minimal ed ugualmente indigesto]. Sono triste, malinconica, nostalgica, mogia, malaticcia e piagnucolosa quanto basta da provare il desiderio di prendermi a sberle [Lo faccio? Lo faccio?]. Mi frulla per la testa l’idea di un caffè, tutto sommato non può farmi che male. Scendo al piano di sotto e mi infilo in fila dietro un esercito di ragazzi dal culo basso [molto molto molto basso] che gracchiano con abbondanza di esclamativi due o tre toni sopra il sopportabile [sono tentata dal desistere ma tengo duro]. Il primo sorso sembra solo caldo e piacevole, al secondo il mio corpo reagisce con violenza con qualcosa che definirei filo spinato. Butto il resto.
Indosso un sorriso smagliante a beneficio della segretaria che cerca di instillarmi un po’ di spirito cospirativo femminile tra questi muri grondanti testosterone. Vedo la bocca muoversi ma, stranamente, non sento suoni. Ad ogni modo il mio sorriso complice sembra soddisfarla. Atterrita dalla mio rinnovato cinismo scivolo dietro la scrivania e indosso i miei occhiali rossi [dei quali non ho bisogno] nel tentativo di rendermi invisibile. Un foglio excel dipinto nei toni bel blu [l’arte è arte signori] mi lancia una lunga occhiata di rimprovero dallo schermo accesso. Questa giornata non sa di niente. Anzi, ad onor del vero, sono io che non so di niente dentro questa giornata.
Sfinita da questa me stessa insopportabile [una massa caricata negativamente a spasso per il cosmo] prendo in mano la situazione ed attivo la modalità multitasking. Il lavoro mi attende, fremente, alla linea di partenza. Sono pronta. Stordirmi di dafare non avrà un buon sapore ma almeno ne ha uno e tanto basta. È abbastanza per altere le percezioni [leggi annientarle] fino a sera, senza lasciarmi triturare dagli ingranaggi appuntiti delle mie sensazioni [leggi pensieri, immagini, sensazioni di un’intensità che sopporterei a malapena in condizioni di massima efficienza]. Mi sento sola e lontana, chiusa dentro una giornata insostenibile, ma visto che è qui tanto vale cavarne fuori qualcosa. Metto in standby la sfera emozionale e accendo la ragione [come la mia lampada UVB da laboratorio, 300Watt a 365nm]. Tutto il resto in ombra. I pensieri in attesa [in disparte]. Certe volte è meglio così.
[oggi ho parlato troppo]