sabato 28 aprile 2012

O in pieno sole

“La maggioranza degli uomini oscilla perpetuamente nel dubbio se è o non è felice, se è o non è allegra. Questa è la condizione normale della felicità, giacchè il dubbio è cosa naturalissima”

Quali doveri mi terranno in ostaggio oggi?
Oppure riuscirò infine a perdermi altrove? 
In ombra. O in pieno sole.








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venerdì 27 aprile 2012

Apritegli

Spente le luci il tempo perde decisamente di significato. Si alternano sul palcoscenico persone diverse. Sconosciuti che in fondo conosci. Bene. Uno dopo l’altro sembrano aprirti lucchetti che hai testa, chiavistelli, serrature, serrande, porte blindate. Senti scorrere l’aria fresca dentro le tue stanze, sbattere le porte, volare cappelli e fogli di giornale. Alla fine Giulio Casale (lui, quello che da a tutti il giusto appuntamento) ti restituisce al mondo con tutti i canali aperti e con tra i pensieri un sorprendente numero di domande. A cui rispondere.

Apritegli.

giovedì 26 aprile 2012

diventando maggio


Oggi ho vestito i colori della primavera. Anche se io la primavera la odio.

Ovviamente.

Sembro quasi carina in questi abiti leggeri. Sarà che le giacche nere, le gonne nere, la camicie bianche e azzurre infilate dentro e tutto quanto il necessario non mi hanno mai fatta sentire reale.

Solo un travestimento. Un’impostura.

E se è cosa nota che si debbano indossare i vestiti adatti alle proprie guerre stellari, io li indosso, da brava, con disinvolta precisione, da attrice consumata. Quando serve. Ma oggi sono in borghese, oggi è tempo di pace.

Pace stellare.

Pace di ritorno dopo il massacro dell’irrequietezza che mi ha afflitto nelle ultime cento ore. O erano duecento? Pace da sfinimento. Ma pur sempre pace.  Pace stellare: apparente silenzio sul suono del cosmo in sottofondo. Il rumore dei pianeti che si spostano lungo le orbite di Keplero, delle supernove che esplodono e si espandono, delle unghie dei mondi che si aggrappano al firmamento per non finire ingoiati dai buchi neri. Ed è la pace stellare. Bang.
Big. Bang.

Due cose.

La prima. La primavera è arrivata e questo è un fatto. È arrivata in un pomeriggio di aprile e mi ha colpita in pieno viso. Mento: mi ha colpita allo stomaco, e non una sola volta. Che poi tanto io la primavera la odiavo già per cui dovevo aspettarmelo, soprattutto dopo che me la sono andata a cercare. Bang. Colpita e. Affondata.

Mi sono vista allo specchio ed ero un fiore pericolosamente chiuso. Uno di quei fiori che si aprono solo quando la luce è perfetta, giusto un attimo, a dare una sbirciata al cielo e a pretendere la dovuta attenzione per la propria presunta grazia.

La seconda. Ho urgenza di nuove cose. Nuove canzoni da ascoltare. Tante, tutte insieme, tutte adesso, addosso. Che mi colpiscano e mi consumino e mi tormentino. Che violino i miei confini e li facciano a pezzi.

Voglio vedere dentro lo specchio un fiore sempre sbocciato, sempre aperto e proteso a cogliere i mutamenti della luce e del vento, l’arsura e la pioggia, il tramonto e l’aurora. Voglio essere un fiore incurante e sgualcito.

mercoledì 25 aprile 2012

mi piace

E' tanto facile cliccare "mi piace". Non vale neppure lo sforzo di misurarsi con una scala di giudizio. Click. Tanto, poco, un pò, in parte, ma, forse... che importa: click. E il non-click? Non so se valga almeno un "non mi piace" o se sia solo vuoto. Bisognerebbe chiedere ad un giovane esperto di comunicazione. [Seppure io abbia qualche dubbio che di comunicazione si tratti. E non di databasing o di calcolo matriciale. O di semplice vuoto dell'immaginazione, di nulla da dire].
Il mio pensiero non è così stantio da non saper cogliere la forza dell'idea di restare sempre in contatto. Ha un suo appeal. Ma è il concreto che mi mette tristezza: accendere il computer e trovarmi vomitate addosso centinaia di informazioni, banalità di mezza riga o, peggio, condivisione di banalità altrui. Il modo in cui mi fanno sentire è sola. Impoverita. La sensazione è quasi violenta. E' comunicazione a senso unico. E' comunicazione senza senso. E' comunicazione che non comunica. E' vuoto. Perchè tra tanto rumore i suoni si perdono. Il frastuono mi nausea e se c'è qualcosa che valga la pena comprendere si perde, semplicemente, nel tutto.
Sarò una snob. Ma non sono capace  di surfare sulla superfice e godemi le infinte possibilità, arranco, annaspo, annego. Passo e chiudo. Sono la peggiore. Asociale virtuale. Dispenso mi piace con snervante moderazione.




martedì 24 aprile 2012

la dissolvenza al nero

Vorrei che le parole fossero poesia. E sono pioggia acida. E sono blu veleno. E non si lasciano scrivere ma bruciano solo le mani. Fanculo la sera, la pioggia ed il giorno che muore. Scaverò la fossa per i miei coltelli spunati. Che fanno ridere. O solo amarezza. Per tutto l'amore sprecato. Per le promesse non mantenute. Che sono sempre quelle al pupazzetto ridicolo che sono. Gommapiuma, senza spina dorsale. Mille volte vaffanculo. Mille volte e poi ancora mille. E poi di nuovo.