mercoledì 26 novembre 2008

scrivere per scrivere

Fa proprio freddo. Il cielo blu e il sole sono solo un incantevole inganno. Soffro molto il freddo. Soprattutto in questi giorni. Mi sembra che questa stanza non si scaldi mai. Mi sembra che ogni passo fuori sia un’epica impresa. Sento freddo e stanchezza, stanchezza e freddo. Un po’ perché la notte non riesco a sbarazzarmi dei sogni che mi si srotolano davanti agi occhi come interminabili film. La notte finisce con l’essere più faticosa del giorno e l’alba glaciale e prematura. Un po’ perché i giorni accumulano ansie su ansie, da cui cerco di sfuggire semplicemente fingendo di ignorarle, di non vederle. Insomma. Freddo. Stanchezza. E tutto quanto c’è e mi sforzo di ignorare. Un’ignoranza colpevole, s’intende.
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Oggi ho pulito tutto. Ho cancellato applicazioni inutili, ho pulito il desktop, ho scansionato il sistema. Poi. Poi ho riordinato la scrivania, ho fatto uno scatolone di carta da buttare, messo tutto nei giusti raccoglitori, ho lasciato la scrivania nuda e l’ho pulita con lo sgrassatore. Ho dato una passatina alla tastiera. Ho temperato le matite e messo tutto in ordine nel portapenne. Ho dato da bere alla pianta. E mi sono rimessa al lavoro. Certo, le questioni erano tutti lì identiche a prima, incomprensibili ed irrisolte, ma almeno ero venuta a capo di qualcosa. Soddisfazione. Pulire e riordinare hanno dentro di se l’essenza dell’equilibrio.
Matto a bollire l’acqua sperando che una tazza di te possa riportare le mie mani ad una temperatura compatibile con la vita umana. Mi sento un po’ sola, un po’ persa. Trovare la direzione giusta, la strada, è cosa complicata, soprattutto se fa freddo e sei stanca. Ed è da sola che la devi trovare, non ci sono santi. Solo che delle volte un po’ empatia non è che farebbe male. Ma questo è universo in cui si vive vicini senza toccarsi. Né col le mani. Né coi pensieri.

martedì 25 novembre 2008

winter

Della neve non resta traccia alcuna. La mattina si è svegliata scricchiolante di brina sotto le scarpe e sui vagoni merci fermi sui binari. L’inverno è ovunque. Sui rami spogli, sui fili del tram, nella luce bianca del pomeriggio, sulla punta fredda delle mie dita. Un attimo di distrazione e mi sono ritrovata immersa in una nuova stagione. Sto ancora cercando di comprendere la misura del cambiamento. Sto ancora cercando di mettere a fuoco gli sconvolgimenti emozionali di questo nuovo scenario.

Ieri sera ho spento la luce e mi sono raggrumata sotto il piumone. Ho chiesto all’inverno di cambiarmi. Perché al momento la cosa che più mi spaventa è il restare uguale a ieri. La luce del giorno fa vedere le cose in modo diverso. Forse l’inverno non potrà cambiarmi. Ma questo cielo bianco e glaciale può essere lo sfondo adatto su cui muovermi, sui cui essere migliore. Ho bisogno di togliermi di dosso delle cose di me, ho bisogno di gettarle lontano, alle spalle, per potermene dimenticare. Ne ho bisogno e ne ho molta voglia.

Ho molto da scrivere, questi giorni sono intensi. Sentimenti, cose, pensieri, premesse e conclusioni, avvenimenti, speranze e delusioni. Tuttavia posso rimandare. E lasciare questa pagina alla sola promessa, all’inverno e a me stessa, di lasciare al passato gli strascichi dei miei guasti nucleari, di essere nuova, migliore. Solo da un inverno si può rinascere. E questo è il mio. Punto.


lunedì 24 novembre 2008

neve

Silenziosa, in punta di piedi, mi è caduta addosso la neve. E il risveglio ha preso i colori e la luce chiara di uno stupore infantile. La stazione deserta. Non passavano treni. 120 minuti di ritardo. Soppresso. Sopresso. Uno soltanto. Stipati come in un tetris assonato. E' bastata una spruzzata di neve per farci perdere l'orientamento. E' bastato un abbaglio di luce per sconvolgermi i sensi.

domenica 23 novembre 2008

nido

Seduta sul letto. Portatile acceso. Un libro aperto su un’incomprensibile pagina di formule. Ignote. Nell’aria lo stesso disco, quello che suona questo novembre ferito e orgoglioso. Allungo le gambe, scivolando coi piedi nudi sulla morbidezza delle coperte. La luce calda dentro la stanza, la sera fuori buia e tranquilla, la domenica scivola via e io mi appoggio morbidamente a questa ritrovata sensazione di nido. Il tempo è denso e rallentato, tanto che mi sembra di sentirne il sapore sulle labbra.
Domani sarà difficile, un percorso di guerra a schivare parole come proiettili contro la mia carne senza difese. Nuda. Tanto vale rallentare adesso, tanto vale rinchiudermi dentro il mio nido.
A volte mi passa la voglia. Ci sono cose che uccidono l’entusiasmo, che ti fanno comprendere quanto poco conti la verità e quanto poco sia facile avere il compito di doverla dire. Penso di peccare di ingenuità in un mondo in cui si gioca la partita esattamente sopra la mia testa. Arriva un nuovo lunedì e mi succede di non avere voglia di vestirmi, uscire ed andare a fare la parte della stronza. Sono un po’ stanca. Per molti motivi. E questo è solo il primo. Ma stasera lo nascondo insieme agli altri sotto il letto. E io resto sopra, tutta morbidezza e musica e delicatezza. Domani sarà già abbastanza difficile, meglio nascondermi un poco dentro il mio nido.