venerdì 16 gennaio 2009

venerdì

Questo venerdì non è la fine di nulla. Spegnere la luce e chiudermi la porta alle spalle non mi da nessuna soddisfazione. Tutto è in divinire, in movimento. Tutto è da fare, da costruire. Fa freddo in questa sera urbana, mentre vado in stazione e cammino lungo i binari del tram, mentre mi rifugio dentro vagoni surriscaldati per sbirciare da dietro i vetri la città che comincia a rilassarsi. Sono le cinque e venti e c'è ancora luce fuori. Finirà anche l'inverno.

giovedì 15 gennaio 2009

Accetto suggerimenti

Leggo il futuro dentro il fondo del caffè. Il mio stomaco si ribella all'eccesso di gomma arabica e coloranti, le mie cosce all'orgia di carboidrati di un pranzo e di uno spuntino che farebbero accapponare la pelle al peggiore nutrizionista. Decadenza. L'aria sa di neve oggi a Milano, eppure piove. Non sono nella mia forma migliore, lo confesso, sono nervosa e negativa e non c'è nulla di peggio. Perchè dovrei essere calma ed efficente, scivolare sulle ultime settimane con la grazia di una pattinatrice sul ghiccio. Ed invece sono affannata, scomposta, casuale. La visione di me in questo stato mi fa sommergere da un'ondata di frustrazione che non è che altra benzina sul fuoco della decadenza. Se esiste un modo di fermare la spirale d'ansia che stringe le mie decadenti membra devo trovarlo. E devo trovarlo in tempi brevi. E deve dare risultati quasi immediati. Il primo punto all'ordine del mio giorno, o di quel che ne rimane, è chiudere la baracca a riprendere le attività in serata. Odio lavorare la sera. Per il giorno nuovo accetto suggerimenti.



mercoledì 14 gennaio 2009

già qualcosa...

A volte si fugge. Non facciamone un dramma. Non nascondiamoci dietro ad un dito. A volte si fugge. Punto. Le persone che spariscono senza prendersi neppure lo spazzolino da denti, quelle che se ne vanno prosciugando i conti correnti, quelle che cambiano nome, quelle che cambiano numero di telefono, quelle che infilano la testa nel forno, che si danno malate, che attaccano la segreteria. Il tempo non aspetta nessuno ed di nuovo sera poi giorno poi sera. C’è chi si arrende. C’è chi sparisce. E chi sparisce senza sparire. Tu lo vedi lì, al suo posto, identico a se stesso, eppure è sparito. Basta concentrare l’attenzione su qualcos’altro. Focalizzare l’attenzione. Dimenticare il resto. Semplificare la vita. Semplificare, elidere, ridurre ai minimi termini. Di cose su cui concentrarsi ce n’è a iosa, non serve certo che faccia l’elenco. Semplifica. Elidi. Fuggi. Sparisci.

La verità è che a me sparire fa schifo. Ci ho provato, a diventare invisibile, a concentrarmi su una singola cosa, ad esserci ma senza esserci affatto. Ci ho provato, ma essere monotematica è un inferno e la fuga diventa peggiore della ragione per cui si fugge. A me piace la ridondanza, la varietà, la sinfonia. Eppure certe volte quando sono in mezzo al fiume e mi sento travolgere (e ho paura di non farcela, e non riesco a respirare, e sono paralizzata e sconvolta e incerta e sommersa) penso a come sarebbe fuggire. Fuggire, elidere, focalizzare, concentrarsi. La tentazione è forte, eppure una volta provato il sapore di quella fuga di plastica e fango (fino a sentirlo nella gola e nella narici dico, mica un assaggino) l’idea di restare appare sempre la più affascinante. Restare, nuotare, lottare, arrampicarsi, provare, cadere e tutto il resto. La tentazione è forte (a tratti molto), ma credo che preferirei vedere andare tutto a quel paese piuttosto che fuggire di nuovo. Mandare tutto a scatafascio invece che salvarsi e nascondersi e fuggire. C’è chi fugge. Io non ne ho proprio voglia. È già qualcosa.

lunedì 12 gennaio 2009

pausa caffè

Restar senza

Delle volte la dimensione egocentrica ed aucelebrativa del blog mi fa orrore. Io non sono così. Non sono convinta che le mie questioni esistenzial-personali siano talmente interessanti da meritare di essere lette e, ancor di più, non ritengo di avere nulla di particolare da dire. Io non sono così. Eppure io sono così. Tanto più che ridendo e scherzando tengo un blog da più di due anni. Ciò cui posso attribuire la longevità di mia attività di blateratice nell'etere è essenzialmente l'agilità del blog, che si può scrivere e cancellare, che puoi scriverlo fingendo sfacciatamente di stare facendo altro, che è lì da qualunque computer lo guardi, che puoi appiccicarci le foto e la musica, che un giorno ti svegli storta e puoi cambiargli tutti i colori, il nome, oppure cestinarlo direttamente, in un clic. Io sono una che deve scrivere sempre, per me scrivere è terapeutico, che poi quello che scrivo sia spazzatura o meno non ha importanza. Ho smesso di scrivere solo nel momento in cui, in effetti, avevo smesso pure di vivere. Ma quando scrivo sul treno, seduta sulle panchine, nella sala d'attesa del dentista, a lezione, ovunque, quando sfodero il mio foglio/quaderno/diario la gente mi guarda, anche se fa finta di no, e viola la dimensione strettamente privata del momento. Invece il blog, pur essendo sfacciatamente pubblico è solo mio, nessuno mi vede. Ovvio che potrei metterci, che so, una password e allora sarebbe ancora più mio. Ma in fondo a me che qualcuno legga non mi importa, quando ho scritto ormai è fatta, ciò che era strettamente mio è venuto a galla e ormai può andare a viversi la sua vita. Poi il blog ha messo sulla mia strada una mezza manciata di persone che di certo valeva la pena incrociare. Poi il blog mi permette di fuggire un pò quando le pareti intorno si fanno strette. Poi il blog mi fa pure bene. Tipo ora, che avrei voluto scrivere come mi sentivo, che la crisi era esplosa inaspettata e devastante e che ora stavo a guardare il cielo non sapevo che farne di me e di tutto quanto intorno. Invece ho scritto di tutto e di niente, parole che non interessano e nessuno, che non dicono nulla neppure a me stessa. Eppure. Eppure mi sento sensibilmente meglio. Che importa del resto. In fondo ho smesso da tempo di scrivere per farmi leggere, scrivo solo perchè ne ho un dannato bisogno. Sarà per questo che nel mio profilo ci sono altri blog, registrati, impaginati e vuoti. In attesa. Per sicurezza. Come per le benzodiazepine non vorrei restar senza.