venerdì 11 aprile 2008

mambomagic

Silenzio. E solo pioggia addosso. Pagine e pagine scritte nella lingua arcaica dell'emzione che non ha traduzione nel linguaggio corrente. E resta lì, a galleggiare sulla superficie appena increspata di una pozzanghera d'asfalto e polvere, per poi affondare, nel fango. Sparire.
Le mia labbra sono aride di parole nuove e i miei pensieri vanno persi. Annegano. Eppure la vita a volte è questo, l'incapacità di fissare gli istanti, la necessità di lasciarli scorrere. Sparire. Semplicemente.
Nonostante l'incapacità di scriverne mi ritrovo di nuovo a vivere. Piuttosto intensamente. Il momento. Questo. Ma so che la ragazza, se si applicasse, potrebbe fare di più. Nessuno può mettere baby in un angolo.
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martedì 8 aprile 2008

attendo


Ho aperto la finestre e adesso mi sento un po’ meglio. Entra un odore di erba tagliata e pioggia che stride col contesto e mi rende finalmente leggera e fresca, trascinandomi altrove. Un soffio di vento mi fa rabbrividire e mi spinge fuori, nel pomeriggio. E sono goccia che galleggia nell’aria, per scivolare lungo i tronchi degli alberi, o infrangermi sui parabrezza o sull’asfalto, oppure posarmi delicatamente su un filo d’erba nella corsia dei tram e rimanere lì, traballante, appesa.
Non so cosa dire. Per giorni non ho avuto nessuna voglia di scrivere. Per giorni sono rimasta chiusa in me stessa. Per giorni non ho desiderato che rimpicciolirmi. Lo desiderio ancora ma l’odore della pioggia è un richiamo alla vita più forte. O solo a scrivere parole inutili sul un foglio che neppure si può toccare, che non ha odore. Ho chiuso in una scatola tutte le mie incertezze, le mie paura, i pensieri che mi tolgono il sonno. Li ho allontanati dalla mia vista ma mi accorgo di non riuscire ad ignorarne l’esistenza. Ho paura di non farcela, di tramutarmi in delusione. E quando avrò deluso allora non ci sarà modo di nascere di nuovo. I giocatori fanno il loro gioco, io guardo le mie cinque carte e le combino come meglio mi riesce, la partita non è ancora finita ma non so giudicare la bontà del mio gioco. La fortuna è una buona scusa cui dare la colpa, ma raramente ce l’ha davvero.
Non sono mai stata brava ad esprimere giudizi, meno che mai sulla mia persona. Forse a tutti capita prima o poi di esaurire le risorse, di rimanere a secco. Ma io voglio ripartire e non riesco a trovare il modo ed è una sensazione che mi lascia senza forza.

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domenica 6 aprile 2008

L'influenza, una corsa e cinque canzoni

Cose. Il quinto giorno che sono alle prese con una specie di virus che mi fa sentire uno shifo ma che, per mancanza si sintomi evidenti, non mi entrare a pieno titolo nelle righe degli influenzati. E così resto nel mio limbo e faccio lo stesso tutte le cose che farei normalmente facendo il doppio della fatica e guadagnandoci il doppio della stanchezza. La mia incapacità di fare l'ammalata è una condizione che detesto. Voglio una settimana di divano, coperta e cartoni animati ma temo che quel tempo sia definitivamente passato. sigh.
Tra la cose che ho fatto lo stesso oggi due.
La prima stamattina, la stramilano. Trovo sia una cosa carina e, passatemela, emozionante. E così mi sono alzata presto nonstante fosse domenica e nonostante il resto (me me me e me) e mi sono presentata con la mia pettorina e le scarpe un poco infangate in quella piazzaduomo surreale, prima vuota poi piena di persone e palloncini rossi che fa da sfondo alla partenza. Colpo di cannone, brividino e via. Sono sopravvissuta ai chilometri (mica troppi a dire il vero) nonostante il mio stato pseudoinfluenzato senza migliorare il mio tempo ma anche senza peggiorarlo. Un pareggio insomma, e ci sta, con tanto di arrivo dentro l'arena.
La seconda, 5 canzoni che sanno di me. Ed ha passato la palla, e sia. Cinque canzoni sono difficili da scegliere, se riscrivessi la lista tra 5 minuti (o cinque minuti fa) le cambierei tutte probabilmente. Ma adesso sono questa (premetto che esulo da musica e testo e ne faccio una questione squisitamente emozionale), in ordine sparso (o forse no):
Disarm, degli Smashing Pumpkins. Tutto quello che è rimasto di buono e di bello nei miei ricordi di quegli anni un pò selvatici e un pò esasperati che sono stati l'adolescenza. Quella parte di me che da là sono riuscita a portare qua.
The boxer, Simon&Garfulken (si scriverà così?). La mia storia d'amore. Una cassetta di plastica grigia. La fine della vita come la conoscevo.
Lover you should have come over, Jeff Buckey. In diretta da un periodo un pò nero. Dal mio periodo peggiore. Quando sono scivolata già dal paradiso e la vita è divenatata, tutto d'un tratto, la vita vera. Si scende, si scende, ma poi, ad un certo punto, si ricomincia a salire.
Varanasi baby, Afterhours. Un periodo diverso. Più maturo. Ho sempre desiderato, tra l'altro, farmi una maglietta con scritto varanasi baby, am questo non c'entra molto, credo.
Into my arms, Nick Cave. Adesso, on air. Una volta al giorno almeno, o anche di più.
Ora, prima di andare a fare un te a sprofondare nella mia condizione di paseudomalaticcia passo la palla, con permesso a Simo, a Dado e a Fra (se risorge).