Quello che vedo dentro quella sua morbidezza di bambina eterna. Nelle sue mani da tenere strette. Nei suoi capelli colore del grano. Nei suoi occhi azzurri. Quello che vedo sono cieli senza nuvole, sono acque cristalline, un campanile che suona una domenica mattina d'estate, una campo di margherite, il sapore di una pesca dalla buccia rossa, prati di erba verde e rugiada.
Quello che sento, io, bruciarmi gli angoli degli occhi è il desiderio di proteggere, custodire, mettere al sicuro quel cielo limpido d'estate, quelle piccole mani, quella dolcezza senza filtri, quei sorrisi sbiechi, improvvisi, sinceri. Ma sono occhi che hanno sete di vita e chiamano la libertà di viverla.
Quello che sento io è la paura di scorgere il dolore dietro quello sguardo, la paura, la solitudine per colpa quella sensibilità intensa e totale. Da togliere il fiato. Un bagliore accecante.
Quello che sento, io, è la consapevolezza che non la conoscerò mai veramente. E non per la sua incapacità di esprimere se stessa, ma per la mia incapacità di comprendere.
Quello che sento, io, è il totale smarrimento, di fronte al mistero della vita. E incapace di fare altro mi viene da chiedere a questo Dio, se esiste, di metter al riparo dal dolore quel sorriso strano, di saziarlo d'amore.
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