venerdì 7 dicembre 2007

Lentamente

La casa è silenziosa. Il mio piccolo albero di Natale (l'ho fatto stamattina) sperluccica di piccole luci intermittenti. Bevo un te verde pera&vaniglia. Rilasso gembe e schiena dopo la corsa di questa mattina, in un parco solitario e spoglio, in compagnia di The Who. Finalmente ho del tempo da respirare. Lentamente. Mi sembra che l'aria sia densa di profumo d'inverno. Mi sembra di stare bene. Sto bene. Respiro. Aspetto.

giovedì 6 dicembre 2007

Parole

Fuori è buio. Bevo una tisana speziata calda calda e riempio la mia pausa del pomeriggio di queste poche parole scritte. Le pesco dentro al mio stomaco. Contratto e contorto in una smorfa dolceamara. Malinconica vado incontro a questi giorni che arrivano con passi leggeri e silenziosi. Stancamente cerco di tenere in ordine le cose, di non scivolare nel fango freddo della confusione. E guardo la sera fuori e con il mio piccolo cuore gonfio di emozione le chiedo parole. Parole per me. Da ascoltare. Suoni morbidi da mettere in fila e a cui dare un senso. Parole dense. Parole vaghe. Parole leggere, frivole, importanti, cupe, sorridenti, mordide e aspre. Parole da ascoltare. Qualsiasi cosa significhino. Parole che riempiano questo silenzio assordante che mi rimbona in testa. Parole dal suono caldo come un camino, che possano sciogliere la neve delle mie paure. Parole. Ho bisogno di parole. Ora che qui, tutto, è silenzio.

mercoledì 5 dicembre 2007

dicembre

Un sole di inverno proietta le ombre dei rami fogli sulla facciata di fronte. Sto a guardare i riflessi della luce sui vetri, sui canali di rame, sulle tegole umide. Il cielo è di un azzurro freddo e intenso, senza l’ombra di una nuvola. La luce ha già preso le sfumature della sera, anche se il pomeriggio è appena iniziato. È già dicembre. Solo ora me ne accorgo. E di nuovo mi colpisce lo stomaco quella sensazione, quel senso di incongruenza tra me e il tempo che passa. E mi passa attraverso. Lasciandomi indietro. Immobile in questo inverno elettrico e veloce, scivoloso sotto i miei piedi.
Bevo un sorso d’acqua per bagnare le mie labbra oggi straordinariamente secche. E cerco di non pensarci.
Mi chiedo se provino tutto questa disperata e assordante sensazione dello scorrere del tempo. Oppure se sia solo una malsana eco del mio modo sbieco di vedere le cose. A volte sento le mie dita serrarsi attorno le cose, per trattenerle, per viverne ogni più piccolo dettaglio, ma quello che ho tra le mani non diventa altro che sabbia che scivola via. E per qualche ragione raccolgo i pochi granelli che restano chiusi nei mie palmi in barattoli di vetro. Appiccico sui barattoli etichette scritte nella mia calligrafia ordinata e li metto in fila sullo scaffale dei frammenti di tempo che sono riuscita a trattenere, a fare miei.
Non credo che sentire le cose in questo modo sia normale.


domenica 2 dicembre 2007

ali di pipistrello per me a cena stasera, grazie

Una lunga corsa nella nebbiolina fitta di questa mattina. Il suono dei mie passi sul vialetto del parco. Alberi spogli. Cielo bianco. Aria densa, fredda sul viso. Play. Metallo non metallo. Comincio a correre. Non corro troppo in fretta, ma a ritmo costante. I pensieri galleggiano davanti a me, tra la nebbiolina e i rami spogli. L’erba verde ai margini. Non riesco a spiegare come questo riesca a farmi star bene. Tutto a tempo col mio respiro, con i tempi della stagioni, coi miei passi. Corro e basta. E tutto è leggero. E il mio corpo ritrova se stesso quando dopo un’ora mi fermo per camminare un po’. Un leggero dolore al ginocchio destro, come sempre quando corro sull’asfalto. La nebbiolina dirada. Cammino verso casa. E il giorno brucia in fretta come un fiammifero. Ed è già buio fuori mentre scrivo. Ed è già sera. E io me sto in casa, profumata di shampoo e di hennè, divisa tra la morbidezza di questa giornata e l’asprezza del risveglio.

“ali di pipistrello per me a cena stasera, grazie”