sabato 26 aprile 2008

sono strani giorni

Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me
I'm not sleepy and there is no place I'm going to.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me
In the jingle jangle morning I'll come followin' you.
Then take me disappearin' through the smoke rings of my mind,
Down the foggy ruins of time, far past the frozen leaves,
The haunted, frightened trees, out to the windy beach,Far from the twisted reach of crazy sorrow.
Yes, to dance beneath the diamond sky with one hand waving free,
Silhouetted by the sea, circled by the circus sands,
With all memory and fate driven deep beneath the waves,
Let me forget about today until tomorrow.

mercoledì 23 aprile 2008

to do list

Il ventitre aprile è un giorno che messa così non vuol dire niente. Ci faccio un segnetto accanto sul mio calendario, una specie di fiorellino sgorbio. Oggi comincia una nuova stagione.
La primavera non c’entra, sebbene anche in questo caso si tratti di un periodo di transizione. Ma la primavera porta a giugno e all’estate mentre io non so quanto questa stagione dovrà durare o dove mi porterà alla fine. Eppure: qualcosa è cambiato.
Dopo le secchiate gelide di confusione e sconforto delle ultime settimane. Dopo il black out. Ho capito. Che la crisi non è l’unico modo per reagire. Non è neppure un modo per reagire. E' la paralisi. E' la reazione che oggi mette la lettera maiuscola all'inizio di questa nuova stagione.
Sono stanca. Ho paura. Non ho risposte con chiudere il cerchio di mille domande sospese. Il futuro è nebbia, acqua torbida o, perchè no, una pagina bianca. Incomprensibilemente mi sento leggera a frizzante come un’alba di maggio.
Tuttosommato, se pò fa...
...

...

Mi frulla già per la testa una lista infinita di cosa da fare.

martedì 22 aprile 2008

troppe parole (i miei colori)

Avrei molto da dire a questa giornata silenziosa. Eppure resto anch’io in silenzio. Ad ascoltare la pioggia. A guardare le nuvole diventare a poco a poco più chiare. Ad ascoltare il mio cuore che batte e il sangue che scivola veloce sotto la pelle. Ascolto la vita che mi vive addosso. Il suono del mio respiro. L’impercettibile battere delle mie ciglia. Faccio scivolare la punta della lingua sulle labbra. Per sentirne il sapore. Per leccare il gusto della mia malinconia dolce amara. È solo un attimo. Sono solo io.

Mi sento così. Tranquilla e silenziosa nella corrente inarrestabile degli eventi. Nel rumore. Nella confusione. Riesco a ritagliare un angolo tutto mio, per me. Nonostante le pressioni, i problemi, le critiche, le aspettative. Mi sembra che tutto possa aspettare. Mi sembra che nulla sia importante al di fuori del mio respiro, dei miei pensieri.

Dopotutto le critiche senza fondamento, senza cuore, possono ferire in ragione di ciò che le muove, ma sono ferite che non fanno male. Cucirmi addosso abiti non miei sarebbe mentire. Non sono mai stata una brava bugiarda e neppure un’attrice di talento. Intreccio con aghi sottili una maglia di lana coi mie colori, con quella che sono. Ed è quella che indosso, ed è l’unica che mi sta bene.
Se fossi meno insicura, meno fragile, forse riuscirei a dare alle critiche il peso che meritano. Se credessi in me stessa non starei qui a scrutarmi cercando di scorgere segni di povertà intellettuale o di ristrettezza di vedute. So quello che ho dentro e oggi voglio credermi, fidarmi. Di me.

Fruscio via da queste pagine mentre fuori finalmente un poco di sole.
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domenica 20 aprile 2008

Alaska

Un po’ titubante guardo negli occhi questa giornata, annegando due cibalginefast in un bicchiere d’acqua. Un mal di testa di lana di vetro mi scende come un serpente lungo il collo e sulla spalla destra. Rigida d’ansia. Vorrei avere pochi anni e una barbie bionda cui fare le trecce invece che una lista di cose da fare lunga da qui all’Alaska. L’Alaska. A-la-ska. Appoggio la fronte alla tastiera. Non ce la faccio. Ce la devo fare. Ce la faccio. Non posso farcela. Devo farcela. Non posso. Devo. Posso. Stooooooooooooooop.