sabato 15 dicembre 2007

pomeriggio

mi fa compagnia un tazza di te vaniglia&pera. mi sento più tranquilla. il tempo è rallentanto un pò, ha smussato gli angoli e si è fatto più morbido. un respiro. finalmente lo sento, passi piccoli e silenziosi, natale che si avvicina e mi prende alle spalle. mi faccio carina ed esco per un caffè e un pao di regali. mi copro bene. ovvio. sorrido della banalità dei pensieri. sorrido e basta. forse, finalmente, ci sono. un bacio al vento.

un pò di neve

Svegliarsi presto, quando il sabato è ancora silenzioso. Fuori una neve sottile e incerta. Piccoli fiocchi turbinanti in vento freddo. Freddo come piace a me. E' un peccato essere arrabbiata in una giornata così, ma non posso farne a meno. Detesto che gli alti mettano il becco nelle mie cose. Quelle cose che sono mie, quelle a cui tengo. Devo fidarmi più di me stessa e fare quello che mi sento di fare, senza chidere, senza avere timori e dubbi. Senza lasciarmi sopraffare da quella stramaledetta paura di mostrarmi per quella che sono, prima che gli altri facciano propria una cosa che era mia. Mia soltanto. [Quella a cui tenevo di più per questo stramaledetto natale che non sembra essere neppure l'ombra di un natale come lo sognavo]. Lasciamo perdere. Un peccato sprecare questa neve, questa sensazione morbida di inverno che mi sale lenta sulla punta delle ciglia. Vorrei sciogliermi e lasciami andare piano piano, dimenticare tutte le tensioni e lasciarle alle spalle e. Tutto qui. Fosse facile.

venerdì 14 dicembre 2007

Fino a questo punto

Un barattolo di natale mi servirebbe. Per metterci dentro il dito come fosse marmellata, per portarmi alle labbra il sapore dolce di malinconia e cannella che sa così tanto di. Natale. Mancano una manciata di giorni e io nemmeno me ne ero accorta. Il tempo si accorcia e si dilata facendomi perdere la percezione delle stagioni. Seduta nel mezzo di questo pomeriggio di dicembre mi sento abbastanza stranita. Non posso neppure pensare, figuriamoci credere, che il natale abbia perso per me la sua magia perfetta di luci e notti di neve. Impossibile. Non sarei io. Eppure non sento suono di campanelli, non mi brillano lacrime tremolanti davanti alle piccole luci accese sulle sere di Milano, cammino con gli occhi bassi sull’asfalto e i pensieri altrove. Non posso essere io. Figuriamoci. Io sono uno spiritello del natale, una fatina che saltellando spruzza qua e là la sua polvere magica di dolcezza e malinconia e calore e tenerezza e tutto quanto di più natalizio si possa pensare. Non posso essere così deprimentemente impermeabile a questo tempo che ho sempre amato con tutto il mio cuoricino sbieco. Impossibile. Da stasera aprirò tutti canali, tenderò tutti i miei sensi a cogliere le sensazioni. L’emozione. Non può essere che questo tempo mi passi attraverso senza che io me ne accorga. Non posso essere diventata adulta fino a questo punto.

giovedì 13 dicembre 2007

la mia emozione

Una tramonto infuocato spegne piano il sole perfetto sopra questa giornata. La sera mi scivola addosso come una coperta morbida. Si accendono le luci della strada. Rimango immobile, ad ammirare i dettagli. Come se il momento presente potesse in qualche modo cancellare il resto. E in un certo senso è così. Adesso è tutto quello che c’è.
Mangiavo un pezzetto di cioccolato e pensavo a questo mio modo stentato di esprimere i sentimenti. A quanto è contegnosa e misurata la mia apparenza e a quando invece è smisuratamente emozionale e confuso e intenso e bruciante quello che sono io. Dentro di me dico. Sotto la mia pelle.
Tutte le persone che non ho abbracciato. Tutte le mani che non ho sfiorato. Tutte le lacrime che non ho pianto. Tutte le emozioni che non ho condiviso. Soffocata dalle regole non scritte della mia timidezza. Come se non avessi le parole, come se non avessi un alfabeto per esprimere la mia sensazione, la mia emozione. Che resta in gole e mi soffoca. E, a volte, mi fa sentire sola, come se bruciassi più di quanto riesco a illuminare...


mercoledì 12 dicembre 2007

porterò mio figlio a vedere i treni

Succede. Questa mattina il treno entra a Lambrate lento, dondolando il suo peso sul binario coperto di brina. Resto ancora seduta. Guardo fuori un bambino che sembra un pupazzo dentro il suo cappottino inbottito blu e un cappellino rosso di lana che lascia a stento scoperti gli occhi. Indica il treno a un uomo che è con lui che si abbassa protettivo per starlo a sentire. Sorride insieme divertito e stupito da chissà cosa mentre un mattina di inverno e di sole gli esplode intorno. Il cielo è azzurro perfetto e il marciapiede sperluccica di brina sotto la luce di questo sole freddo.
Sento un calore strano dentro lo stomaco. Un sensazione di conforto. La speranza, i sogni, i desideri, la fiducia, la curiosità, la vità. Tutto. Tutto insieme. Ci sono ancora. Sono ancora qui. Sono ancora mie. Sorrido a me stessa mentre mi alzo in piedi e distratta distolgo lo sguardo. E' per questo che, se mai ne avrò, porterò mio figlio a vedere i treni.

martedì 11 dicembre 2007

UVA

Fuori è buio. Nebbia tra le dita. Ho perso il treno. Resto qui seduta a consumare questa ora sprecata. A scriverne un pò. A dare un senso a tutto questo freddo, tutto questo buio. Accendo la mia lampada UVA. Scalda e ferisce gli occhi. Grido in silenzio. Mi sento sola. Mi sento inquieta e stanca. Mi sento sbagliata. Di nuovo. Questa sensazione irrimediabile di errore. Spengo la lampada. Stacco la sonda. Mi rimetto al lavoro. Che almeno questo tempo serva a qualcosa.

lunedì 10 dicembre 2007

la realtà

Fa freddo in questa stanza. Ho i brividi. Sono qui da qualcosa come dieci ore piene. Gli occhi stanchi di questo lunedì così assoluto, così totale. La realtà mi ha dato uno schiaffo sul viso da lasciare il segno. Il peso accelerato di un treno diretto contro la consistenza tenue della mia pelle. La realtà sa essere dura, amara, dolorosa, triste, ingiusta. La realtà sa essere assoluta. Non c'è appello, scappatoia, rimedio. Non c'è nulla che si possa fare di fronte alla vita che accade. Accade. E non c'è nulla che impedisce anche alla mia di accadere. E mi aggrappo al caldo vacillare della mia piccola felicità stasera. Stretta al quello che ho e al sottile egoismo della sopravvivenza. Amaro. Istintivo. Triste. Fragile.

una domenica

Una domenica grigia e umida di una pioggia sottile. Il portatile aperto sul letto. Scrivo svogliatamente una relazione sui risultati ottenuti in questo secondo anno (sono già due) mentre sulla piccola tv della stanza scorrono le immagini di un film di Lupin che da a questo pomeriggio un tono vagamente più malinconico di quanto già non sia. Sa di stagioni passate. Sa di inverni spensierati e morbidi. Sa di tempo tranquillo e carico di calore. Mi ci immergo senza pensarci troppo e mi lascio prendere dall’improbabile trama del furto di una sfera aliena mentre si scalda sul fuoco l’acqua per una tazza di te verde alla vaniglia. Questo weekend di tre giorni si consuma implacabile, sfiorando i miei occhi con il calore e la luce intensi e fragili di una candela rossa alle spezie. La mia minuscola pianta grassa vestita da babbo natale mi guarda negli occhi coi suoi occhietti di plastica. Sorrido. Non ho voglia di pensare. Non ho voglia di nulla che non sia adesso.