venerdì 18 gennaio 2008

un cielo rosa

il cielo è rosa sopra Milano. proprio adesso. un tramonto d'inverno. mi sento un pò stanca, con quella vena di malinconia che mi fa annegare nel mio miele. non senza un pò di piacere.
non so perchè. lo sento mio questo tramonto. mio soltanto. nessuna spiegazione. nessuna giustificazione. nessun discorso obbligato. shh. silenzio. ci sono solo io. io sola. malinconicamente agoista. egoisticamente malinconica. sorriso a me stessa.

Lieve. Stamattina mi è capitato di scrivere la parola lieve, riferita a me stessa. Completamente fuori contesto, come sempre, attribuendo a lieve un significato che non è il suo. Ma tornata a lieve, alla parola e al suono che ha, a quello che significa, mi sono chiesta se sono davvero lieve o se sono piuttosto il suo contrario. Grave.
Oggi sento uno ad uno i chili del mio corpo che mi trattengono alla sedia e al suolo. Sento il peso dei miei pensieri dentro la testa, il peso degli sguardi, dei respiri. Grave. Eppure le dita fluttuano leggere sui tanti e un sorriso appena accennato mi sale sulle labbra. Lievi di baci al vento e parole silenziose. Non so che dirne di me, grave a lieve allo stesso tempo.
Grave quando penso alla vita, al futuro, alle occasione mancate e a quelle da provare a prendere, anche se costa fatica (e tempo, e impegno, e pensieri). Grave mentre cerco di fare valere il mio punto di vista, grave mentre ancora non riesco ad voler bene a me stessa e fisso i miei occhi tutt’altro che lievi fissarmi. Eppure. Lieve. Lieve quando mi lascio andare alla naturalezza di me stessa, lieve mentre mi abbandono al cielo e al vento, lieve mentre dimentico e sorrido, mentre rischio senza avere paura, lieve mentre scrivo, lieve mentre mi lascio sognare.

Forse, sicuro, è il bene più radioso che c'è

Lieve svenire per sempre persi dentro di noi (MK)

giovedì 17 gennaio 2008

limiti

Lo ammetto: tutto questo azzurro è un’altra cosa.
Una vertigine mi arrampica piano lungo la mia schiena afflitta da una notte insonne. Improvvisamente leggera. Galleggio. Respiro. Vagheggio e vaneggo. Fa freddo ma sembra estate davanti ai miei occhi. La verità è che tutto questo mi piace. E mi fa sentire meglio. Nonostante mi senta proprio come se mi fosse passato sopra un lunghissimo treno merci. Tremo un po’.
La mia concentrazione si fa un po’ svagata. Perdo il conto. Lo spazio trascende un po’. Tornerò a casa col treno delle ottoemezza e questo mi fa sentire giustificata. Solo in parte. A ritagliare un po’ di tempo per me.
Penso a me e a come sono spesso come non vorrei. A come a volte il mio corpo non è in grado di sostenere il flusso dei miei sentimenti. A come a volta la stanchezza ha il sopravvento sul resto, regalandomi una dose di frustrazione decisamente amara da mandare giù.
Il nostro tempo è poco. Posso contarlo sulle punte delle mie dita. Aspetto il tempo che possiamo passare insieme con quel senso di attesa fremente di un bambino che aspetta una sorpresa. Quel tempo è sempre una sorpresa. E per quanto lo aspetti è sempre una sorpresa che non mi aspetto e che mi sorprende. E rimango stupita della mia grazia implacabile nello sprecare quel tempo, ne ferirlo e tradirlo. Ferendomi e tradendomi a mia volta.
Proprio perché è un ritaglio, una briciola avanzata da giornate dense e fumose di cose da fare e disfare e rifare, a volte mi capita di non farcela. E più ho bisogno di calore. Più mi allontano. Più mi sento sola più mi allontano. Fino a ritrovarmi in pigiama, seduta vicino al calorifero del bagno, a chiedermi cosa mi ha impedito di allungare la mano a sfiorare, toccare, stringere quello che volevo. A dare tutto quello che ho, da dare, e che invece mi è rimasto dentro. Muto e inutile. Semplicemente a volte non c’è la faccio, le esigenze del mio corpo hanno il sopravvento sui desideri, sulle emozioni e sul resto. Divento fredda, scostante, scabra. La presa di coscienza di questo limite mi intristisce un po’. Forse saprà comprendermi (lui), forse saprò cambiarmi (io). Quello che mi resta tra le mani è lo smarrimento triste per un sera volata via senza che potessi stringerla. Forte.

mercoledì 16 gennaio 2008

pensieri di pioggia

Continua a piovere. Piove da un cielo grigio e tutto uguale. Piove sulle tegole rosse dei tetti. Piove sull’asfalto nero delle strade. Piove davanti al finestrino del treno. Piove sui rami spogli. Piove sulle rotaie del tram. Piove su questa Milano raffreddata di gennaio. Piove sulle mie ciglia. Piove. E più piove e più io mi innamoro di questa pioggia senza fine, di questi giorni senza luce, di questo cielo senza sole. In cui le notti sono sogni ad occhi chiusi nel caldo bozzolo delle coperte e i giorni hanno bisogno di sogni ad occhi aperti per trovare un senso e un compimento. Sotto la pioggia. Gli occhi riflessi dalle pozzanghere mi sussurrano di mondi lontani, riflessi. Un brivido per il freddo dei vestiti umidi. Uno sguardo rapido alla pioggia fuori dai vetri prima di farmi di nuovo avvolgere dalla spirale ipnotica delle cose da fare. Un frammento di sogno prima che fuori sia di nuovo buio e un’altra giornata mi scivoli via dalle mani. Umida. Satura di pioggia. Forse non so che dico.

martedì 15 gennaio 2008

Per me

Un cielo atlantico di colori e forme. Luce fredda e nuvole alte cariche di pioggia. Mi piace il cielo quando è così. Ha il sapore di un’angoscia che si scioglie, di un dolore che si rasserena. Mi ricorda, di nuovo, che il cielo è sempre lì a guardarmi negli occhi. Alzo lo sguardo e mi specchio. E rivedo me stessa. Cerco conforto. Cerco comprensione. Domando. E il cielo risponde.
E non solo il cielo. Io ho questa idea, perfetta e perfettamente priva di fondamento forse, che tutte le cose intorno non siano solo sfondo ma parte viva e reale della mia vita. Parlo per me perché in effetti degli altri non posso sapere. Parlo di me insomma, non in generale.
Cielo. Vento. Pioggia. Terra. Sole. Luce. Buio. Luna. Mare. Sabbia. Tempesta. Fango. Foglie. L’alternarsi delle stagioni. Le orbite dei pianeti. Le maree. Le correnti. Le tempeste. Ogni cosa. Vive. È viva. Davanti ai miei occhi. Tra le mie mani. E ne faccio parte. E fa parte di me.
Ed è conforto e compresione. Ed è brividi e serenità inspiegabile nello sguardo e tra i pensieri. Ed è strano mettere queste sensazioni in parole tanto sono naturali, istintive, impalpabili. Ma, tant'è.

lunedì 14 gennaio 2008

Lucciole

Una giornata di lavoro un pò frenetico, profumato di Vicksvaporub e polvere. Poco tempo da dedicarmi, ma per certi versi non tutto il male viene per nuocere. Anche se non vedo l'ora di essere in treno assorbita completamente dal libro che sto leggendo. Altrove. E poi a casa a paciugare una mela cotta alla cannella davanti al lavoro da finire.
Una giornata nervosa e piena che però si illumina di minuscole lucciole di speranza. Sulle quali tenere il segreto, per non farle volare via. Un sorriso mi sfugge silenzioso al pensiero che potrebbe essere vero. Potrebbero diventare luci abbaglianti queste tenue luccioline [ma le luccione, a proposito, non si sono più? anni e secoli che non ne vedo una].
Eccomi qui insomma, frenetica e stanca e anestetizzata, ma abbagliata dallo sfarfallare di mille piccole lucciole nuove.

...questa notte una lucciola illumina la mia finestra... [C.C.]

domenica 13 gennaio 2008

La cura. E di me. Domenica.

Domenica. Ho freddo nella mia pelle questa mattina. Ma piano comincio a sentirmi meglio. Sento anche rabbia, dolore, amore, tenerezza, dolcezza e molto altro. Oltre a quella tristrezza stanca e sorda che mi soffocava gli occhi. E l'anima. Sebbene anima sia una parola abusata oltre misura.
La cura. Ieri sono andata a nuotare. L'acqua è decisamente il mio elemento. Finalmente leggera, senza peso e senza forma. Galleggio. Mi sfinisco di vasche mentre i pensieri si sciolgono nel vapore e nel cloro. E una doccia bollente lava via poi quello che resta della mia amarezza. Un sorriso. Finalmente.
Ieri sono stata a fare la spesa con lui. Mi piace fare la spesa. Mi piace farla insieme. Pistacchi. Mi piace quando compriamo i pistacchi e li mangiamo in macchina insieme.
E anche se la serata mi ha portato a fare riflessioni sull'amicizia che mi sarei volentieri risparmiata mi ha fatto anche pensare che in fondo non ho bisogno d'altro che di quello e ho [...].
L'amizia dicevo. L'amicizia è, per me, una delusione che perpetra se stessa all'infinito. E io, scema, ogni volta di resto male come la prima volta. L'amicia sarà mai esistita? Mi chiedo. E non potendo più riporvi speranza e fiducia (non nella misura che desidero comunque) non mi resta che scommettere sull'amore. E in effetti ci scommetto tutto quanto.
Domenica. Scendo in cucina e metto il bollitore sul fuoco. Fiori continua a piovere. Sembrava smettesse e invece ha ripreso, più forte. Appoggio la fronte sul vetro freddo e rimango a guardare.
Darmi una mano. Non ho mai pensato che potesse essere semplice ed immediato. Non lo è. Chiudo gli occhi un secondo e ascolto il rumore silenzioso di questa domenica. La domenica è un giorno particolare, sospeso tra la morbidezza delle tue mani calde e la scabrezza del lunedì mattina. È un giorno in cui ascoltarmi e galleggiare è un dovere oltre che un diritto. Verso l’acqua bollente sul te verde mela&cannella. Il profumo speziato e famigliare riempie l’aria e colpisce la mia immaginazioni. Sa di morbidi pomeriggi di tranquillità e silenzio, sa del calore di un immaginario fuoco acceso. E di me.
Il lavoro ammicca minaccioso dallo schermo del portatile acceso. Incombe silenzioso ma implacabile. Ora arrivo, solo cinque minuti. In fondo è domenica.