venerdì 17 ottobre 2008

Di pere e altro


Il pomeriggio è un po’ decadente. Questo autunno caldo ed assolato che non vuole arrendersi all’evidenza del suo destino. Mi ricorda qualcuno. E non serve neppure troppa fantasia. Ma, mentre la stagione conserva, seppur nella stonatura d’insieme, una bellezza struggente, io mi sento orribile. E orribile in molti modi per giunta. Anche se il mio sentirmi orribile non ha a che vedere col fatto di non arrendermi all’evidenza. O forse si. Ma chisenefrega.

Ho bisogno di camminare. Ma non per un’ora, almeno per un giorno intero. Camminare fino a quando non ci sono più strade per andare oltre. Camminare fino a che non ci sono più gambe per andare oltre. La staticità di questo venerdì è ulteriore fattore di amplificazione del mio sentirmi orribile.

Stare seduti troppo a lungo fa ristagnare i pensieri, li fa depositare sul culo e nel ventre come sedimento dentro una gigantesca cisterna a pera. La acque stagnanti, si sa, sono malsane, malariche, morbose. Camminare, al contrario, fa l’effetto di un mescolatore, i pensieri riprendono a fluire dagli occhi ai piedi, dai piedi alle mani, dalle mani alla testa. Come le acque frizzantine di un ruscello ghiacciato. O di un gigantesco gorgogliatore a pera. Sempre a pera, da quello non si sfugge.

Tra poco finirà l’ossigeno dentro la mia pera. Devo fuggire. Devo correre. Devo.

giovedì 16 ottobre 2008

reverse flame

Questa giornata ha il tempo dilatato. Del cielo grigio. Dei suoni ovattati dalle orecchie chiuse. Della voce roca ed appena accennata. Di una tazza di bio caffè solubile ai cereali senza caffeina. Di me che sono sveglia dall’alba e che dormo poco e guardo molto il cielo sebbene questo mi causi un lieve senso di vertigine.

Il tempo è dilatato e caldo dei colori dell’autunno. E io li ho tutti dentro quei colori. E sono una vertigine che mi scivola sotto la pelle e sale lungo la spina dorsale. Verso gli occhi. Verso questo cielo denso di nuvole.

Le parole restano silenziose oggi. Inespresse. Nascoste dentro la mia mancanza di voce. Le parole, per le quali ho una passione piuttosto intensa, delle volte non sono abbastanza. Delle volte mentono. Delle volte ingannano. Delle volte, semplicemente, non bastano. Come oggi che restano zitte nella gola. Infragilite e sgraziate. Oggi non bastano. Perché oggi sono occhi, pelle, e mani. Labbra magari. Braccia e poco altro. Oggi le parole sono troppo complesse. Oggi vorrei comunicare per canali più semplici, meno artificiosi. Naturali. Primitivi. Immediati.

Vorrei. Ma la realtà è un’altra. Non esiste un modo. E se la voce non mi aiuta. E nemmeno il coraggio. Come un fuoco al contrario. Brucio dentro. Ma sono gelida fuori. Restano queste pagine da scrivere e da affidare al vento come cenere. Per non bruciare invano.

Pensavo. Alle persone che non ho conosciuto. A quelle che non conoscerò. A quelle che credono di conoscermi. A quelle con non mi conoscono affatto. A quelle che vorrei conoscere. A quelle cui vorrei fare cambiare idea. A quelle di cui non mi importa affatto.

(E pensavo a 2 donne che vorrei conoscere e che ho indirettamente citato)

mercoledì 15 ottobre 2008

del rilassamento profondo ed altre parole sparse

Quando si ottengono scarsi risultati nel fare qualcosa o ci si stanca e si abbandona e si continua ed insistere. Nel caso specifico di me (soggetto) e del rilassamento profondo (oggetto) la strada è la seconda. Il rilassamento profondo sarebbe poi lo yoga nidra che, ammesso si scriva così, prevede anche la visualizzazione di immagini che inducano o quantomeno concilino il sopraggiungere di questo agoniato stato di rilassamento. L'accostamento di me medesima e della parola rilassamento, profondo per giunta!, appare già una contraddizione in termini. Diciamo che punto in alto e il rilassamento che viene viene, superficiale o marginale che sia.
Abbandonata la scuola di yoga per mancanza di tempo, inconciliabilità di orari (andarci dopo il lavoro, a stomaco vuoto, mi portava a visualizzare sempre e solo pizze) ed anche incompatibilità con la flemma snervante dell'ambiente (ok yoga ma tutto ha un limite di tolleranza) non ho abbandonto la speranza di raggiungere il nirvana, alla faccia della scuola di yoga (che tra l'altro incassava tariffe non proprio yogiche).
L'inutile premessa solo per giungere al punto. Mi capita di soffermarmi sempre su alcune immagini. Le mani fredde di mia madre quanto tornava dall'ufficio la sera e le appoggiava sulle mie guance (punto di vista: seduta sul tappeto con addosso famigerata tuta col fungo). Mio nonno che guarda una gara di sci in tv mentre fuori cade la neve (punto di vista: seduta alla scala a chiocciola e ho la febbre). Mio padre con in testa la cuffia della piscina rossa e blu (punto di vista: in piedi sulla pittaforma numero 6 che mi sto per tuffare e batto i denti). Mi nonna che apre il frigo e tira fuori il cartone del latte mentre mi prova la lezione di geografia (punto di vista: seduta sulla sedia della cucina e cerco di sbirciare). Il mare al tramonto e una barca che rientra dalla pesca (punto di vista: seduta sulla riva con addosso orribilis tutina di spugna). La vista della finestra di casa mia mentre conto le macchine rosse (punto di vista: in piedi su sgabello e appoggiata sul copricalorifero). Una torta di compleanno sul tavolo della casa vecchia della zia (punto di vista: in piedi sulla sedia di paglia di vienna -ottima idea-). Risparmio il resto ma ne avrei, ma credo che solo per me abbiano valore.
Il punto è che le immagini che mi vengono in mente risalgono spesso all'infanzia. Ma alla senzazione di rilassamento, per altro affatto profondo e terribilmente temporaneo, subentra il calore malinconico del ricordo. Nel migliore dei casi può restare solo malinconico smarrimento, nel peggiore degenerare in un realismo un pò troppo crudo. E il risultato non è esattamente uno stato di rilassamento.
Potrei tornare alle immagini plastificate della scuola di yoga (campanile di una chiesa, sorriso di un bambino, e bla bla) oppure accettare che lo yoga nidra non è compatibile con me. Magari più semplicemente non è che una nuova evidenza del fatto che la serenità è uno stato fuggevole, transitorio. E che la rilassatezza profonda non può esistere dal momento che la necessità primaria è afferrare le briciole di serenità offerte dal presente e magari vagheggiare un pò del sapore di quella passate.
Forse più che di rilassamento profondo potrei parlare di malinconia profonda. E l'effetto non è meno intenso. E neppure meno bello per certi versi. Parlo per me ovviamente...
...
(oggi sono senza voce. forse per questo mi è presa questa logorrea grafica...)

martedì 14 ottobre 2008

Fidarmi

Il mal di gola non fa parte del mio repertorio. Ne faccio ugualmente sfoggio con noncuranza dentro questa giornata frusciante di foglie gialle e rosse. E di pensieri. Occhi rossi per più di una ragione. Per la notte senza riposo (frammenata, interrotta, lunghissima, innaffiata di bicchieri d'acqua ed immagini). Per le lacrime (poche, enormi e salate) sfuggite fuori davanti al video (ma è un segreto). Per il malessere che intasa completamente il mio cranio e rende la pelle sensibile e calda. Occhi rossi, ma non invano. Ho deciso di fidarmi. Di aspettare e di fidarmi.



(grazie Simo)

lunedì 13 ottobre 2008

All'etere

Poi arriva lunedì mattina. Ore otto meno dieci mi siedo davanti al pc con in mano un cioccolatte. Le questioni sospese durante il weekend mi lasciano un istante di quiete perfetta e poi esplondo. Tutte insieme. E' un attimo. Un battito delle mie ciglia. E mi trovo seduta nel mezzo di un gigantesco cratere. Il cioccolatte miracolosamente intatto. Arriva sempre il momento di guardarsi negli occhi. Ed eccomi. Le sette e mezza, ancora qui a ricostruire la mia beirut.
Mi sento meglio. Un poco. Solo un poco. Ma basta. E' sufficiente per tenermi qui seduta ancora un pò. E' sufficiente per farmi venire di nuovo voglia di fare qualcosa. Di nuovo.
Gli occhi un pò stanchi si perdono nel buio fuori dai vetri. Tra le foglie d'autunno appena illuminate dalle luci della strada. Non mi ero resa conto che facesse buio così presto. Metto in ordine e mi preparo ad andar via. E affido all'etere stasera tutta la mia malinconia e la mi speranza. Sono lacrime e miele. Sono un sorriso che sfugge come le luci delle auto in coda al semaforo. Sono molte cose. Sono altro ancora.
...
...
non sei finito
finchè non sei finito



domenica 12 ottobre 2008

Closed

Chiudo il mondo fuori dalla porta. Piedi nudi sul parquet. Una tazze di mate troppo caldo. Un nuova storia di fred vargas da cominciare. Nell'aria il produmo delle mele che ho messo nel forno. Alzo appena il volume, Badalamenti dirige un'orchestra a mio uso e consumo. Ringrazio. E mi lascio andare alla poesia privata e minuscola di questo pomeriggio sordo al frastuono delle mie questioni. Questioni che stanno, in attesa, fuori dalla porta chiusa. E io dentro.
Il rischio, nel sedermi qui davanti a scrivere, è che le questioni di cui sopra possano trovare un varco nel groviglo dei cavi elettrici e possano riuscure ad entrare. Qui. Ad invadermi.
No, non oggi. Delle volte penso che bisogna essere davvero coraggiosi per prendersi la vita che si desidera. Se avessi una vita, e già sarebbe qualcosa, e potessi cambiare vita credo che seglierei le cose che mi vengono più naturali. Che sono scrivere, bene o male che sia. Che sono la terra, gli spazi, il vento. La butto lì. Forse vorrei vivere in un posto isolato. Vorrei scrivere. Vorrei sporcarmi le mani nel fango. Solo chi si è accecato lo sguardo alla luce di uno schermo per giorni può sapere quale sia l'appagamento della fatica fisica. Certo, senza esagerare, è pur sempre un sogno.
Penso di essere meno addomesticata di quello che ho sempre creduto, più selvatica. Quando ti scopri diversa da quella che credevi è sempre una bella sensazione. Capisci che quella era quella che dipingevano. Che questa sei tu. Solo che poi questo cielo con una stella sola, o una decina nelle notti più buie, ti infastidice addosso come un maglione bagnato.
Penso sia normale chiedermi, a volte, se questa sono davvero io o il disegno di qualcunaltro.
Beh, pensieri. Torno al mio libro. E alle mele nel forno. Chiudo la porta a chiave. Di quelle questioni li fuori stasera non ne entrerà nessuna.
...