Il volo fa scalo a Riga.
Tre ore di turbolenza per giungere in una Riga scrosciante.
Io sono in maglietta e ciabatte. Lungimirante come sempre.
Il mezzo che mi porterà da Riga ad Helsinki è minuscolo. Il mio vicino di posto è un tipo molto baltico che gocciolando da ovunque sia possibile gocciolare se ne sbatte della pioggia e continua imperterrito a leggere il suo tascabile fradicio. Io, per quanto mi compete, inzio a temere la polmonite e l'inadeguatezza del mio parco medicinali.
Ho il posto finestrino. Un posto in prima fila per osservare il mio trolley annegare sotto il diluvio in attesa di essere imbarcato ed un cimitero di aerei sovietici con la stella lasciati arrugginire tra l'erba.
Il te verde mi viene portato con un fattina di limone infilzata in una spadina di plastica verde. Già mi sento baltica anch'io. Rimpiango però non avere una giacca ed un paio di calzini. Ma rimpiango anche di non aver previsto una sosta a Riga, che già mi piace. Metto la spada nello zaino, per ricordo.
Arrivo ad Helsinki in 50 minuti. Sono già le otto e temo il peggio, ovvero non trovare nulla di aperto.
Ma la città è illuminata a giorno da un sole che sembra non voler scendere mai e spazzata da un vento baltico, appunto. Non c'è molta gente in giro di lunedì sera. Ma la città è bellissima. E una fetta di pane integrale con salmone e insalata russa non la nega a nessuno, persino alle dieci passate. Una birra da sei euro mette però in chiaro il fatto che in Finalndia è meglio essere astemi.
1 commento:
Fra le medicine, aggiungere un paio di calze di nylon...
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