mercoledì 24 ottobre 2012

15 ottobre

Nota 1. La stazione centrale e' bella. Ma alle sei di un giorno d'ottobre, dopo che il vento e la pioggia hanno riempito la notte e la città, e' bellissima. È bella da scriverci una canzone, da farci una foto, da imprimersela negli occhi a forza. È bella da farti desiderare di avere poesia abbastanza da poter non fare altro che il poeta per tutto il tempo che ti rimane.
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Sotto un'alba grigia come acciaio ho abbandonato questa pianura bagnata, addormentandomi. Dormendo come si dorme sui sedili dei treni, con il collo innaturalmente piegato e le gambe costrette. Dormendo senza dormire, sognando senza sognare. Per svegliarmi oltre gli Appennini, verso Roma. Col sole fuori dai vetri. Dannata capitale! Tu che allunghi le gambe al sole, a scaldarle pigramente sotto questa luce eterna. 
Beware. Sto arrivando e di questi tempi non porto altro che pioggia e vento. Non porto con me che autunno.
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Stivali ed ombrello in coda per un taxi, sotto questo sole che si fa beffe delle previsioni del tempo e del mio cappottino di lana blu. Conosco la strada e forse conosco già anche le parole.
Piove. Mentre guardo i visi sconosciuti e conosciuti seduti attorno al tavolo. Le voci. Non vorrei ma mi sento già altrove. Lo vorrei ancora meno ma forse desidero essere altrove.
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Quando esco e' già tornato il sole. La città non è caduta sotto gli autunnali colpi delle mie ciglia. Mi saluta assolata come mi ha accolta. Indifferente.
Penso pensieri precisi ed affilati come rasoi. Come rasoi. So quale è la strada. Ma non so se ho la forza di iniziare a camminare. Eppure ho ascoltato la verità che è dentro le mezze verità e non mi può bastare.
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Nota 2. La stazione centrale e' piena alle otto della sera. Milano e' fredda e le strade sono nere e lucide di pioggia. Sento male come ti può far male l'ingiustizia, l'impotenza. Mi sento sola come ti fa sentire sola tutta questa gente. Che chissà che pensa mentre aspetta e aspetta treni in ritardo per tornare a casa. E chissà dove è casa e chissà là chi aspetta. Scendo le scale ed esco fuori nell'aria fredda, sotto quel portico bianco e immenso che ancora una volta mi fa desiderare di scrivere una canzone, fare una foto, scovarmi dentro abbastanza poesia da poter non fare altro che il poeta. Per tutto il tempo che mi rimane. 

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