domenica 27 dicembre 2009

A vivere

Una domenica incoerente. Gelano le dita delle mani nascoste delle maniche del cappotto, eppure l'aria è tersa e azzurra e piena di luce. Una domenica limpida. Che cancella col vento i resti di quel che resta di questo natale mai messo a fuoco.
Cammino nascosta dentro il mio capotto preferito. La città silenziosa, le strade semideserte. La luce che abbaglia, la neve che si scioglie. Mi sento così. Come fossi una porta. Una porta che si è aperta. Una porta che si è spalancata. Una porta che da su chissà dove. Una porta di vento e attese e luce e aria fredda che fa volare i fogli e nascondersi e sorridere. Buongiorno.


domenica 20 dicembre 2009

Natale

La neve ha anticipato l'ora della mia sveglia in modo preoccupante negli ultimi giorni, con risultati alterni (treni presi e treni soppressi). La città innevata la mattina presto. Croce e delizia. Ed intanto, mentre ero presa a lasciare impronte più larghe che lunghe nella neve con i miei storici moon boot gialli numero trentaquattro, oggi è Natale e non me ne sono neppure accorta.

Dopo la neve la pioggia. Il fango. E poi il sole ed un cielo pieno di stelle. E col Natale l'eccesso emozionale che lo accompagna. Nel bene e nel male. Nel troppo e nel niente. Ed è subito sera.

La verità è che (cito) non so. Non so. Non so.

mercoledì 16 dicembre 2009

Il settimo piano

Sali al settimo piano. Bologna è lievemente spruzzata di neve e di luci natalizie. Una tazza di cioccolata. I piedi nudi. Addosso la stanchezza di albe, di treni, di cose e di corse. Un pò freddo fuori finalmente. Un pò di inverno. E la città che mi si srotola davanti agli occhi, fuori dai vetri.
Mi viene sempre da sorridere quando mi chiamano "signora". Mi chiedo perchè "signorina" non si usi più. Io lo preferirei. Signorina.
Ho comprato un cappellino di lana, nero con un fiore su un lato. Le persone con la mia circonferenza cranica dovrebbero astenersi dall'indossare cappeli, me ne rendo conto. Ma mi piace come mi fa sentire. Mentre guardo i riccioli che sfuggono fuori. Mentre mi guardo riflessa nello specchio dell'ascensore. Mi fa sentire come la persona che sono diventata. E non è male.
Sono stanca e ho voglia di dormire. Guardo la città là fuori ma sto pensando ad altro. Qualcosa che non posso spiegare. Un dettaglio. Un segreto. Inspiegabile. Inspiegabilmente intenso. Silenzioso.

giovedì 3 dicembre 2009

winter

L'intesità dello sguardo. O, forse, la capacità di mettere a fuoco. Di comprendere. Di vedere in trasparenza. Una dote come un'altra. Un difetto come un altro. L'intuizione. L'empatia. Ferire diventa impossibile senza ferirsi. Un coltello a due lame.Quella sensibilità vigile, attenta, esasperata. Obbligata. Le emozioni che esplodono improvvise e devastanti e lasciano negli occhi i bagliori di un'aurora boreale.
Le mie dita sono fredde mentre sfiorano i tuoi contorni. Senza calore. Universi che non possono comprendersi. Nè guardarsi. Nè sfiorarsi. Occhi che non possono vederti davvero. Nè intuirti. Nè comprenderti. Occhi ciechi. Buio e silenzio a strafottere. Ti guardo ma siamo altrove.
Quanto più mi somigli tanto più sono incapace di comprenderti. Come specchiarmi. E' incomprensibile. E' violento.
Sfioro il vetro gelido che ci divide. Seguo il tuo sguardo che sfugge il mio. Non provo che inverno. Ed una distesa sibariana il pensiero che è lo stesso che provi tu, guardandomi. Nei miei occhi incandescenti non scorgi altro che inverno e inmprensione.


lunedì 30 novembre 2009

A&R

7.00 a.m.
E' ancora buio. Completamente. Buio come fosse notte. Ma senza stelle. Ma senza sogni. Piove. L'acqua scivola sul vetro e distorce i contorni. Ho in testa solo pensieri sbagliati. Distorti. Irreali. Da maneggiare con attenzione. Da desiderare e temere. Da dimenticare. Parole da lasciare taciute, non dette e, si, dimenticate. Parole che sembravano instense nel buio ma che svaniscono alla luce del giorno. Resta addosso un vago ed inspiegabile senso di smarrimento.
7.00 p.m.
Non ha smesso di piovere neppure un attimo. E' cambiata la luce, i toni più scuri, i grigi e i blu del cielo più cupi. Ho affidato al vento la mia richiesta di un pò di magia. E non ho raccolto che silenzio e vuoto. Le parole sono solo virtuosismi della mia immaginazione. Immaginarie. Ma credo che anche ciò che è immaginario - immaginato - abbia in se qualcosa di reale. Un pensiero. Un seme. Un bagliore, un atomo, il seme rale dell'immaginazione in mezzo alla distesa del concreto. Non mi fingo migliore di questa debolezza che mi appartiene (Infantile. Ridicola. Inutile.). Perchè non può essere neppure descritto il sapore (reale) che lascia sulla labbra questa sensazione (immaginata) (immaginaria). Al punto che non so (o non voglio) distingure ciò che è intuito, ciò che è frainteso, ciò che è vero, ciò che non esiste.

venerdì 27 novembre 2009

i fili

I fili. I fili che legano le persone. Sottili, invisibi, fragili. Da districare con le dita. Da provare a comprendere. Ad aggiustare. A non perdere. A tagliare. Mentre provo, a capire e a districare il nodo ingarbugliato che ho tra le mani, mi sento anche un pò ridicola. Vorrei mani e mi ritrovo solo le mani piene di fili. Inutili.

sabato 21 novembre 2009

occhi negli occhi

Non riesco a scrivere. O si, per scrivere scrivo. Ma io resto in testa. Non riesco a fluire, a scorrere. L'emozione si addensa dietro le palpebre, nei colori dell'iride. Si addensa nelle dita delle mani. In gola. Nei muscoli e dentro le ossa. Non so come farla uscire. O, a dirla tutta, ho paura di quello che vedrei se uscisse davvero. Ci penso su. Ci scarabocchio.

sabato 7 novembre 2009

ma che sapore ha...?

Cielo grigio. Aria densa che sa di pioggia e nuvole e nebbia e autunno. Io che faccio i biglietti del treno. Io che cambio il colore ai capelli. Io che vorrei uscire ma anche no. Io che vorrei rallentare il tempo. Che sono stanca. Che ho gli occhi gonfi e mal di testa da giorni. Per giorni. Ho addosso un silenzio malinconico. Ho addosso bisogno e desideri. Incertezza, un pò. Il sapore della pioggia sulle mie labbra, il sapore che ha sapere che tutto sta per cambiare, che devo costruire una vita nuova. Ed è bello, volgio dire è bello immaginare, disegnare sul foglio bianco. Ogni cosa. Ma è strano sapere che dei giorni come questo ne resta un numero piccolo, finito. è strano sentirsi addosso il tempo che passa.

giovedì 5 novembre 2009

Novembre

Sarebbe silenzio. Si non ci fosse il suono elettrico delle apparecchiature in tensione, il fruscio delle ventole del computer, il rumore del traffico distante, fuori dai vetri, e il ticchettio delle mie dita sui tasti, dentro.
Il pomeriggio soprattutto la stanza si riempie di luce, non serve neppure tenere le luci accese. Il sole gira da dietro le mie spalle verso il lato, i colori si fanno più caldi, il cielo si infiamma e, infine, la sfera si fa incandescente sull’orizzonte per poi scomparire dietro gli alberi. Questo accade il pomeriggio fuori dalla mia finestra che non è in verità una sola finestra ma una parete intera.
Io non guardo mai abbastanza, ed è un peccato. Ed è per questo che mi ha lasciata stupita l’aria fredda della sera e il colore giallo e brunito delle chiome degli alberi. È novembre ed io non me ne ero neppure accorta.
Questa mattina ho camminato per venire qui, perché camminare aiuta a ritrovare i pensieri, a far scivolare il peso delle cose inutili via via più giù, dalla testa allo stomaco, alle gambe, ai piedi. Per poi scivolare fuori, sull’asfalto, rimbalzare e restare indietro. Come qualcosa di superfluo, qualcosa da lasciare indietro, un peso di cui disfarsi per camminare più leggera. E andare più lontano.
Forse non ho abbastanza autunni sulle spalle per essere saggia o per aver capito qualcosa, ma ho occhi abbastanza per poter guardare allo specchio e comprendere quanto è ora di fare un respiro. Mi succede, mi è successo e probabilmente succederà di nuovo in futuro. Smetto di scrivere per qualche tempo. Non so giudicare se si tratti di anoressia o inappetenza. Restano bianche le pagine dei miei quaderni e persino questa mia, ormai solitaria, pagina nell’etere. E più perdura questa fase avara di lettere più lentamente cresce dentro una sensazione di vertigine, di smarrimento, perdita dell’orientamento che poi si trasforma in bisogno, in necessità, in urgenza. E quando non sono più in grado di contenere le parole semplicemente tra i miei pensieri, quanto mi riempiono gli occhi e le mani, il giorno e la notte, allora posso solo sedermi davanti ad un foglio bianco e mettermi a scriverle. Non importa come, cosa, dove. Scrivere e basta. Come piovere. Come piangere a volte. Senza rumore.
Goccie. Parole che mi scivolano fuori dalla punta della dita o della penna. Una dopo l’altra. Maree. Ed ad ogni parola mi sento un po’ meglio. Ad ogni parola mi sento di ritrovare qualcosa che avevo perso.


sabato 24 ottobre 2009

La virtù dei forti

Avere 30 anni -panf panf- è faticoso. Ci sono giorni in cui mi fa sentire stanca. Ci sono giorni in cui fa sentire uno schifo. Oggi unisce l'aria rarefatta delle domeniche di ottobre alla grave leggerezza dei miei (pochi?) anni. Oggi mi fa desiderare di camminare a piedi nudi sul parquet, di bere cioccolata fatta con l'acqua calda e il cacao amaro, di prolungare le ore fino a lussarle. Mi fa desideare di avere 25 anni di meno, ma anche no. (Quell'immagine idiliaca di infanzia che qualcuno dipinge non l'ho mai condivisa). Mi fa desiderare (forse) (però) (magari) di non sapere e di non conoscere molte e molte cose. Sarebbe più facile. Ma sarebbe vigliacco, debole, facile.
E, no. Non sia mai. Mi piace essere forte, o per lo meno dare quell'immagine li. Fare, disfare, rifare, affrontare, risolvere. Come se fosse facile, come se non me la facessi sotto, come se non mi tremassero la mani (e lo stomaco e le labbra), come se non fossi stanca, come se avessi tutto sotto controllo. Io ci credo, che sia vero o no ha davvero importanza a quel punto? La fragilità è un segreto. Così evidente da sembrare invisibile.

(forse era ovvio che prima o poi l'avrei fatta mia. è adesso, oggi, me.)

mercoledì 14 ottobre 2009

ottobre (I was waiting)

Per uscire dall'ufficio ho una porta a vetri rotante. Una camera di decompressione. Il clima condizionato dell'interno che si infrange contro il cielo. Oggi è successo. Sono scivolata dentro la porta che mi ha spinta fuori. Fuori. Il cielo è esploso. Di blu, di vento, di ottobre. Mettere le mani in tasca. Sentire l'aria fredda sul viso, sul collo. Promessa. Minacca. Dio, questa sono io. Ottobre che mi investi come un treno di luce. Che mi vesti di un colore nuovo. Cammino. Respiro. E mi svesto della pelle che devo indossare. Libera. Ci sei anche tu da qualche parte qui fuori. Vento e cielo. Cose da vivere.



And there's something about you...

giovedì 8 ottobre 2009

shadowplay



non sto scrivendo. ho tutto in testa ma. la vita si sta svolgendo ad una valocità che. non so.

giovedì 24 settembre 2009

e vissero tutti

Il lieto fine è un'imposizione della nostra cultura da commedia americana. Il lieto fine non è reale. E' un'imposizione. Una chimera da inseguire, invano, condannandoci ad un'indefinita insoddisfazione. Mi sono ribellata alla falsa necessità dell'happy ending. E' liberatorio. E' reale.
Il principe azzurro nelle mie fiabe è solo un uomo. L'amore non è bianco o nero, ma sfumato in un milione di toni limpidi e oscuri. Biancaneve è una piccola iena che si fa il culo perchè le sia riconoscuto l'ovvio. Ci si può perdere. Si può piangere e non avere nessuno ad asciugarci gli occhi. Si può morire e non ci sono baci che riportino indietro. Può non esseci soluzione. Delle volte si può solo incassare e alzare la guardia, saltellando sul ring.
Non mi aspetto più il vissero tutti felici e contenti. E mi sento molto meglio. I colori sono più intesi. Io più disincantata. Più stronza. Più densa. Più felice anche.

domenica 20 settembre 2009

forbici

Ho fatto un shampoo al profumo di mandorla. Ho tagliato i capelli. Ho scopato via le ciocche dal pavimento. Forse mi sono fatta prendere un pò la mano. Stanno benissimo. Erano lunghi e ora sono - beh - corti. Mi perdonino i parrucchieri. Delle volte certe cose bisogna farlo da sole. [Per fortuna ho una buona manina].
Ho anche assaggiato il mio primo onigiri. Quelli da cartone animato. Caldo. Al salmone. Ecco, il primo sapore dei miei 30 anni. Onigiri, birra e certi cieli di settembre che sembrano aggrapparsi alla rosa della sera per farlo durare. Ancora un minuto.
Tornavo in treno oggi. Mi pareva di leggere qualcosa tra le righe del paesaggio fuori da vetri. [per inciso ascoltavo ciò].


venerdì 18 settembre 2009

La volata

Long nights allow me to feel...
I'm falling...I am falling
safely to the ground...



Stasera ho in testa Eddie Vedder. E una pianura di ghiccio e neve. Spazio e luce. Vento. Sensazioni. Il cui filo con il dettaglio che le suggerite e fatte esplodere è così lieve che l'ho già scordato. Un fiammifero. Che accende la volata. Gli uomoni fuori con le orecchie tappate e l'adrenalina dell'attesa. Come andrà. Vedremo.

giovedì 17 settembre 2009

Stanca. Ma è una stanchezza soddisfatta, appassionata. Quella stanchezza che ti fa star bene perchè vuol dire che la giornata è stata piena di cose. La pioggia oggi ha lasciato il posto a ben altri cieli. Quelli di azzurro e solitari nuvoloni blu scuro. Ci sono persone da cui si ha solo da imparare. Imparare imparare. Ci sono occasioni da non perdere. Ci sono uomini che sanno fare cose. Domare il fango, la terra, le acque e gli spazi. Le distanze. Oggi sono felice di come sono andate le cose. Nonostante tutto. Questo è un cielo buono, da mettere al sicuro per ricordarlo in tutti i giorni bui che verranno.
Per la cronaca: questa sera sto cenando a muffin e acqua frizzante nella mi stanza. Profumo di bagno schiuma di hotel. Le mie cosa già pronte che domani si parte presto. Colazione all'alba.

mercoledì 16 settembre 2009

inaspettatamente

Mangiare da sola. E' strano. Da sola seduta al tavolo del ristorante dell'hotel. Fuori la sera e una Bologna grigia e bagnata di pioggia. Come non l'avevo mai vista. Orata e insalata mista. Un caffè. Ma decaffeinato che stanotte devo dormire. E' strano. Sola. Mi guardo intorno. Uomini, solo ai loro tavolini. Vino e carne rossa per lo più. Un risotto al tartufo.
Tacciono i cellulari. Silenzio dentro questa sera sincopata. Musica in sottofondo. I miei passi leggeri sulla moquette mentre torno in camera. A questo letto che ho trasformato in un campo di battaglia di libri e fogli. E pensieri che ci galleggiano sopra.
Eccomi qui. Tra tre giorni saranno trenta. E, del tutto inaspettatamente, sto in un camera d'albergo, in una cuittà inaspettata a fare un lavoro inaspettato. Impossibile indovinare cosa ci apsetta.

sabato 22 agosto 2009

La ragazza che conoscevo

Sto facendo la valigia. A casaccio. Miss razionalità&ragionevolezza fa la valigia a casaccio, mangia gelato al pistacchio seduta per terra, sfiora le spalle con le labbra, sanno di cloro e sole, canticchia al volante per le strade deserte di questa Milano torrida, si guarda allo specchio senzatogliere lo sguardo. Nessun piano. Nessun programma. Un biglietto aereo. Sto partendo. Ma non ho più bisogno di fuggire. Da me. La ragazza che conoscevo. Non la conosco più. Non esiste più nessuna ragazza forse. Tra meno di un mese compitò trentanni. TreNtA. Il doppio di quindici. La metà di sessanta. Ho una vita alle spalle e una vita davanti. E sono libera. Ora. Vivere (perdere, sbagliare, rifre, naufragare, tornare, nuotare, annegare) mia ha resa libera. Da me stessa. Dalla razionalità e dalla ragionevolezza. Dalle prigioni. Dalle sbarre che mi costruivo intorno e stringevo (stringevo stringevo stringevo). Si chiama ossigeno. Si chiama cielo e oceano e deserto.
Ed è adesso che la vita stringe. Adesso che il numero delle strade ai mibi diminuisce. Adesso che non posso più essere chiunque. Adesso che sono io (e sotto la pelle lo so, chi sono). Adesso che potrei rimpiagere (forse), pentirmi e gridare. Adesso. Adesso sento che potrei infrangee i vetri. Adesso. Non tradisco. Me. Torno tra sei giorni soltanto. Un piccolo viaggio. Non so cosa aspettarmi poi. Non lo so proprio cosa sarà (sarò) domani.



domenica 16 agosto 2009

Tutto qui

Te verde al limone. Seduta sul balcone al mini pc. Un caldo pomeriggio di agosto. Il 16 agosto. Mi sento una specie di sopravvissuta. Sfuggita per una volta all'estate. Affondata nell'atmosfera strana dell'estate in città. Qualcosa come andare in piscina ascoltando Neil Young. Qualcosa come tornare a casa e sentirmi bene. Tranquilla come non accedeva da tempo immemore. Stare bene con me, per me. E basta. Senza bisogno di sforzarmi. Passo in scioltezza ai Baustelle, accendo un microventilatore puntato sui piedi. Leggo un romanzo. Tutto qui.

domenica 9 agosto 2009

oggi

Oggi sono fatta di una sostanza instabile. Calmapiatta e tempesta insieme. Terra ferma e lava incandescente. Oggi è piangere e gridare, dentro gli occhi e nello stomaco, in silenzio. Oggi è uno di quei giorni che inizia con l'esplosione dell'alba fuori dalla finestra aperta tutte la notte, le spalle rigide e il caffè. Marlenekuntz. Oggi è uno di quei giorni in cui all'improvviso tutto sembra chiaro. oggi è uno di quei giorni in cui ti sembra di capire.

domenica 2 agosto 2009

Pioverà

Un pò di vento. Un temporale nell'aria. Che fa frusciare le idee come il cespuglio di lavanda. Profumo. Una macchia di colore in movimento. E poi i profumi nei vasi che oscillano e si espandono. Basilico. Menta. Rosmarino. L'estate. Questa estate lenta e intensa. Vacanze pocchissime e il resto tempo denso d'afa e stazioni deserte e pensieri e futuro e notti. Scrivere.
Ritaglio #1
Certe sere di vento. Di cieli e spazi aperti. Quando il sole annega nel rosa e nell'azzurro el tramonto. Riflessi. La striscia bianca di un aereo. Altitudini. Disegno con lo sguardo il profilo dell'orizzonte. E.
Mi succede a volte. E' una sensazione di occhi e stomaco. Di branchie. Come perdere il respiro. Come annaspare. Annaspo. Dietro la maschera svagata del mio viso. Dentro i mio occhi distanti. Annaspo.
Mi sento come. Come se non avessi di fronte altro che un inverno di buio e soffitti. Come se non avessi di fronte altro che dolore e perdite e decadenza. Morte e rovine.
E vorrei. Vorrei, seppure fosse solo un attimo, riassaggiare un morso di non consapevolezza. Innocenza o inoranza che fosse.
E mi sembra. Mi sembra che non ci sia consolazione. Solo uno stringersi l'un l'altro. Trattenersi. Mentendo. Mentendoci. Illudendoci reciprocamente, chi prima chi poi. Con dolore. E paura.
Annaspo. Come un grido sottomarino, un'esplosione negli abissi. Rabbia muta. Annaspo e poi, semplicemente, riemergo. Spingo l'oscurità dentro lo stomaco, a fondo. Inguio il suo groviglio di spine. Ed è questo, vivere. Anche. terrore pure che corre nei fili elettrici. Annaspare nel vuoto.

venerdì 31 luglio 2009

riepilogo d'estate

9 luglio.
Come se tutto potesse cambiare. Da adesso. Ad adesso. Come se una giornata sola potesse raccogliere tra le mani chilometri di vita, anni, etti, carati. Tutto può restare un attimo. Tutto. O nulla.
Quello che credevi di rimpiangere hai già smesso di desiderarlo. Mentre passano i giorni. E i tramonti. E ti fai la doccia al te verde. Ti cambi i vestiti. Ti guardi allo specchio. Ed è sera e poi mattina. La sveglia alle 6.05 suona Neil Young ed è estate. Un altro giorno. Un’altra vita. Mangi un’albicocca scendendo le scale. Canti una canzone tra te e te. Oppure scrivi un romanzo col pensiero e lo affidi così, al vento, senza che ne resti scritta traccia alcuna (non è inchiostro nero ma sangue che grandina gioia). E sei sempre te stessa. Un corpo in movimento tra le stagioni. E i deserti. Che cambiano. Respiri. Cammini. Fai la tua parte. Sei parte dell’universo. In rotazione coi pianeti. Oscillante con la maree. Evanescente. Provvisoria. Sfumata.
Suona il telefono questa mattina. La voce che mi blandisce e mi trattiene. Che non so giudicare. Seduta a tavola ad una cena sento che vorrei essere altrove. Mi sento estranea, aliena. E mi accorgo che ci sono già, altrove. La nave è salpata e io sono a bordo. E adesso lo sento il vento tra i capelli e l’odore dell’oceano. Salsedine dentro la tua bocca. In una notte insonne di luna piena che porta un nome sulle labbra. La mia finestra sul cielo. Un letto enorme. Odore di erba e buio. L’alba. I pensieri. Le dita della mie mani, farfalle senza riposo.
Non esitare. Poiché potrebbe finire domani.
[...Ma sono l’unica cosa che mi rimane. Io sono l’ultima cosa che ho. Sarò la prima cosa che avrò. Se sono l’ultima cosa che mi rimane. Sarò la prima cosa che mi rimane...]

14 luglio.

Quello che manca. Quello che mi manca. Sotto il sole. Cielo denso d’estate. Il mio viso riflesso nell’umidità dell’aria. Diamanti. Lacrime. Sudore. Non so. Che cosa ci spinge ad essere quello che siamo, che cosa motiva la trama delle giornate, del tempo. Quella quadrettatura sottile su cui disegnare parole. Sostegno. Gabbia. La stanchezza che sale dalle caviglie fino alle palpebre.
Per che cosa è che sono viva. Per che cosa respiro. Apro gli occhi la mattina. Mentre il tempo mi stritola, mi incasella. Stringe. Per che cosa io cerco di divincolarmi, di trovare attimi, scorgere dettagli. Di nuovo la vita è delle piccola cose. Stancamente ripongo pezzi di sogni infranti dentro una scatola di vetro. E ne invento di nuovi. Finché né avrò di fantasia per inventarli. Finché non basteranno i treni soppressi, le frustrazioni di funzionari ingrigiti, le distanze, le telefonate troppo costose, i titoli dei giornali, i bestseller senza anima, le canzoni inutili. Finché non basteranno a togliermi il fiato. A farmi desistere. A sbiadirmi.

23 luglio.
Chiudi gli occhi. Sento il vento sussurrare. Chiudili. E sparirà questa sensazione di troppo. Di troppa luce. Di troppo caldo. Di troppo asfalto sotto i tuoi piedi. E troppo piani per questi palazzi. Di troppe chiacchere. Di troppe ore di veglia. Chiudili. E non ci sarà che vento. E capelli che sfiorano il viso. E vibrare leggero di polmoni che si riempiono e di cellule che respirano. La vita timida e tenace sotto la mia pelle.

domenica 28 giugno 2009

E come il mare con le sue canzoni d'amore...

domenica.




Le domande. Il piccolo e l'infinito. Il vicino e il distante. Le vite: intrecciate, sfiorate, lontane e poi perdute. Domenica e le domande. Risposte nessuna. O forse risposte fin troppo evidenti per starle a guardare. E forse è meglio girarsi e basta. (e domani nella battaglia pensa a me).

venerdì 26 giugno 2009

L'estate

Un temporale che scoppia mentre sono in piascina a nuotare. L'aria di colpo gelida sulla pelle mentre tolgo l'orrenda cuffia rossa e recupero le infradito. L'estate che tarda ad arrivare. E io che guardo verso il cielo. E io che quel cielo sono io. E io che l'adoro questa estate svogliata. Che mi lascia respirare. Che mi fa aspettare.


lunedì 22 giugno 2009

Morbida e chiara

Dentro la sera. Morbida e chiara. Vento. Cielo. Luce fino a tardi. I piedi nudi e freddi. Aria che si muove, ne sento quasi il sapore. Posso misurare la distanza in passi. In braccia e mani. La distanza tra me e l'orizzonte. Tra me e i colori del tramonto. La distanza tra la linea della terra e il cielo. La distanza tra le foglie e le stelle. La distanza tra gli occhi e gli occhi. Distanza che si misura il perle. In gocce di rugiada. In onde di mare calmo, quando la sera resti sola sulla spiaggia e guardi il sole annegare. E, dio, io non lo so che dico. E' solo il flusso. Marea. E io mi lascio trasportare. E vorrei ridere e piangere. E sciogliermi come ghiccio tra l'erba. E rinascere da nuove sorgenti. Con parole ancora da scrivere. Persa nella distanza. Sto cercando.

venerdì 19 giugno 2009

Amo Milano, I Treni e ManuelAgnelli

Oggi ritorno a Milano. Un venerdì caldo di sole velato e nuvole all'orizzonte come promesse. Caldo, dicevo, e minuti di attesa alla fermata del tram. Risalgo a piedi la via Pisani, sterile e fascista nella sua architettura ostile. Scendo in metro, di corsa. 15 minuti al treno. Eppure sento che c'è qualcosa fuoriposto. Forse musica nell'aria. Nemmeno ci faccio caso talmente mi appartiene. Scritta sulla pelle, tra le ciccatrici e nei. Poi però ci faccio caso. Perchè le note sono quelle giuste, è il resto ad essere sbagliato. Il tempo. Il luogo. Il volume. Zompetto lesta sui passi e invece di scendere attraverso la piazza. Trasalgo. Una voce così dannatamente famigliare sulle labbra di uno sconosciuto. Singolare. Affascinante. La sensazione dico. In fondo sono io che mi sono appropriata di parole sue e le ho messe sulle mie, di labbra. Mi imbarazzo un pò. Ma resto. Ed è così che Manuel Agnelli mi ha fatto perdere il treno.
(Alla fine corro al treno successivo. Loro fanno un morso di PiccOlaIeNa. Oh yes. e io peso 10 kg di meno).
Amo Milano.



domenica 14 giugno 2009

Solo nel VeNto Sei sEmpre FelicE...

Caldo e sole. Vento che fa volare un vestito a fiorellini. Bici che va senza pedalare in discesa. E poi arranca. La città semi deserta. I parchi grondanti persone svestite e macchine parcheggiate ai margini. Ed io che passo, senza fermarmi. Le ombre degli alberi sull'asfato nero. I sensi unici. I marciapiedi. Aria e silezio e pensieri che mi si aggrappano ai capelli per non volare via o che arrancano di corsa per non restare indietro. Certi sorrisi sghembi che hanno un sapore dolce di ciliegia e gelato al fiordilatte. Certi momenti che non hai bisogno d'altro. E fermeresti il tempo. Lì, in bilico, tra la gravità del reale e la leggerezza degli attimi.
Tornare a casa. Una doccia e un vecchio cd dei venus. Ed il domani che incombe, il futuro, i sogni e il reale. Ed io che non lo so, che cosa sarò domani.

sabato 6 giugno 2009

La QuiEte.

Seduta davanti al computer cerco un pò di voglia. Ho messo un vecchio cd sul piatto. Ho messo una maglietta enorme addosso. Ho incrociato le gambe. Ho sborgliato i pensieri. E ne è sgorgato fuori un mare inquieto, acque limpide ma fredde e percorse dalle correnti. Cieli tormentati. Vorrei essere la primavera. Vorrei essere le acque quiete di certe giornate di sole viste chissà dove. Invece sono sempre vento, temporale. Delle volte stanca. Sfinisce. Sfibra. Non so essere in nessun altro modo e questo mi fa incazzare. Ogni volta che guardo il cielo e mi sento sconvolgere dentro. Ogni volta che un colore, un odore, una sfumatura di luce mi sfiora i pensieri come un volo di farfalla. Mi prende allo stomaco. Apre voragini. Trombe marine. Tifoni tropicali. And so on.

domenica 31 maggio 2009

Domenica. Niente ponte.

Vento. Vento che fa cantare gli alberi e rabbrividire la pelle. Vanto che porta in giro nuovole prima bianche e poi più scure. Vento che fa sbattare le porte nel silenzio del pomeriggio. Vento che fa vibrare gli inutili cartelloni elettorali. Vento che squote i miei rami e le mie radici. E mi fa cantare e rabbrividire.
E il cielo sopra la testa si fa da azzurro a bianco. E poi grigio. Forse pioverà. Forse. Verrà la sera, portata dal vento e portandosi dietro, forse, un poco di pioggia.
Domani smetto i miei panni di malata d'estate. Termometro, medicine e montagne di fazzoletti di carta. Un colpo d'aria. Condizionata. Di freddo sintetico, velenoso. Posticcio come la febbre d'estate.
Il caldo si è spento come la mia febbre. E adoro questo vento. Questa luce smorzata. Questo clima che ammorbidisce i toni, smussa gli spigoli.
Sono stata sola in questi giorni. Sola e sopravvissuta. A me stessa. Al tempo lento delle ore malaticce. Domani mi rigetto nel nauseante vortice dei treni e delle coincidenze mancate. Domani reindosso i miei vestiti e gli orpelli e le maschere e i cartelli coi nomi giusti da appuntarmi al petto. Domani esco. Ma so che, ora, posso tornare. A casa.

venerdì 15 maggio 2009

Mio

Mi sembrano strani i suoni della mia casa. Ora che non ci sto mai. Mi aggiro inquieta da una finestra all'altra. Cercando di ritrovare il mio posto. Cercandomi. Cercando parola nuove da scrivere. Per scrivermi. Questo spazio. Come se non fosse. Mio.
on air. dentro ogni cosa

venerdì 8 maggio 2009

sopravviverai

La panchina della stazione di Lambrate. Binario 4. Dondola le gambe e lascia cadere a terra le ciabattine bianche e resta a pieni nudi e jeans. Occhiali scuri. Occhi chiusi. Sole sul viso. Vento fresco tra i capelli che fa rabbrividiere un pò. Il compleanno di Andrea. Forse per la musica, o per il vento, o per la stanchezza o per il tono d'azzurro del cielo su Milano -Milano- ma sente gli occhi gonfiarsi e i pensieri esplodere. In fondo lo sa, di non avere pace dentro. Ma il caos. Sopravviverai.

sabato 2 maggio 2009

Pausa

Di colpo sembra estate. Di colpo un'allergia da competizione che mi appesantisce i pensieri, ovatta i sensi, immalinconisce gli occhi. L'estate finisce sempe con l'arrivare. Apri la finestra una mattina ed eccola. Ed eccoti, inebriata dai pollini che cerci faticosamente di fiorire ancora. E cerchi di accumulare respiri per le apnee che verranno, per i giorni lunghi pieni di luce lontani e sconosciuti. Tutto questo nuovo che avanza e mi travolge, ostento sicurezza ma, dentro, tremo un pò. Cerco di fare come si fa, metter un piede davanti all'altro, un passo per volta. E' così che si coprono le distanze. Un passo alla volta. Ma adesso no. Adesso fermo, le mie gambe e il tempo. Adesso c'è solo adesso.

martedì 28 aprile 2009

ground control to major tom...

Sono una che sta in silenzio. A volte cerco di impormi di partecipare alla conversazione. A volte, semplicemente, faccio come mi viene. E quello che mi viene è, spesso, ascoltare, magari sorridere, magari perdere lo sguardo altrove. Delle volte la comunicazione mi costa fatica. Delle volte le parole scivolano fuori dalle mia labbra come acqua fresca di un ruscello. Ma altre bruciano come sale e si asciugano prima ancora di venire a contatto con l’aridità dell’aria. Diciamocelo: delle volte passo per stronza, delle volte per quella che se la tira, delle volte passo, semplicemente, attraverso. Posso farmene un cruccio. Provo a vedermi dall’esterno. Provo a provare. O mi lascio semplicemente andare come mi viene.
Questo non vuole dire che non mi piaccia parlare o che io non sappia comunicare. O che non voglia. Io ho sete di comunicazione, di contatto. È la fase preliminare che non mi appartiene. Il discorso da corridoio, da ascensore, da tavolo da pranzo. Le quattro chiacchere. Mi manca l’approccio. Tendo, implacabilmente, a tagliare corto. Specie quando non conosco l’interlocutore, quando sono stanca, quando non mi interessa, quando non mi sento a mio agio. Perché quando mi ci sento, a mio agio, posso parlare per ore. Ma a quel punto quella fase della conversazione è già superata e quindi, in effetti, il problema non sussiste.
Credo sia questo l’introversione, la naturalezza di vivere dentro, lo sforzo di rivoltarsi all’esterno. Il risultato non è dei migliori, un perenne senso di inadeguatezza. Per qualsiasi lato io mi prenda mi sento sbagliata, storta, aliena. Ma ora sono troppo stanca per lottare contro la mia pelle e le mie arterie e quindi sono sgradevolmente sollevata dal fatto di viaggiare sola. Salgo sul treno con gli auricolari nelle orecchie. Cerco il mio posto (carrozza 11-posto32-finestrino) per affogarmi senza ritegno in questo meraviglioso cielo tormentato, nello schermino del mio nuovo mini pc che, magie della tecnica, mi permette di scrivere dappertutto, nelle pagine di un qualche romanzo o nei minuscoli dettagli lirici di qualche canzone. Sempre a cercare quei minuscoli ritagli, piccoli pezzi, da fare miei. Che siano miei. Dove non dover essere niente.

domenica 26 aprile 2009

Segreta

Piove. Una pioggia continua, pensante, grigia e fredda. Potrei odiarla. E invece no. Resto chiusa dentro la mia stanza. In senso stretto e in senso lato. Domani chiuso un capitolo lungo e denso della mia vita e ho il buon senso di sbattermene. Forse non dovrei. Ma ho altro in testa e trovo che questo altro abbia un sapore delizioso.
Mi è capitato spesso ultimanete di stare sul treno, in certi pomeriggi di temporale sulla pianura, nuvole nere e mutevoli all'infinito. Dentro una capsula lanciata nella pioggia. E' una sensazione strana. Di protezione e vulnerabilità insieme. Ma guardare la pioggia dietro i vetri è un'altra cosa. E' il mistero ipnotico dei pensieri intensi goccia dopo goccia. Triettorie misteriose. Percorsi. Infreddolita dentro questo bozzolo di casa. Privata. Segreta.

venerdì 24 aprile 2009

un radiofaro

Eppure mi piace. Questa primavera che stenta ad esplodere. Questa nuvole che coprono, a tratti, il sole. Quest’aria fredda che fa stringere dentro maglioncini troppo leggeri. Odore di pioggia. Ed io che posso sfuggire, ancora per un attimo, al sole pieno. Alla luce piena che non lascia ombre dentro a cui nascondersi.
Mi chiedo se sia vittoria o sconfitta. Se cambiare sia coraggio o paura. Se sia rivincita o tradimento. Ogni passo che mi allontana dal punto in cui ero mi fa vedere le cose da una prospettiva più ampia. Domande nuove mi nascono sulle labbra. Ma per le risposte serve ancora tempo. Ancora camminare. Tengo lo sguardo all’orizzonte, nonostante nelle vene scorra terrore puro gli occhi traboccano di futuro e speranze. Crederci ancora, che sia illusione o coraggio forse non è poi così importante. Non ho strategie. Mi attengo alle sensazioni del momento. E mi faccio carico dei rischi che ne derivano.
Nel frattempo sono alla ricerca di nuovi punti di riferimento, nuove stelle da fissare sulla volta del cielo, per orientarmi. Procedo smarrita, a tentoni, per tentativi. Fa male a volte. Ma ora so sopportare un dolore che prima mi avrebbe sconfitta. Anche se mi sento come se tutto potesse rompersi. Sento nella dita la tenacia dell’acciaio e la fragilità del cristallo. E resto ogni volta smarrita di fronte alla sensazione della moltitudine di sfumature che sono, che siamo. Sentire la pelle come il confine tra due infiniti. Un confine trasparente. La linfa, la vita che pulsa sia fuori che dentro. Respiro. Silenzio. Aria, sangue e terra. Galleggio smarrita e mi lascio trasportare dalle maree.


L'altro ieri

Non si dovrebbe mai restare troppo tempo senza scrivere. Non si dovrebbe mai. I pensieri finiscono per fondersi e confondersi. E si può solo finire col perdersi. E farsi del male. Soffrirne.
Ho perso il conto del tempo. Dei giorni e delle ore. I risvegli precoci dentro questa primavera tiepida. Il sapore del caffè. Lunghi viaggi che si sommano tra loro in un percorso interminabile, interrotto a tratti dal sonno e dai sogni e da una realtà nuova che prende forma e colore. Persone. Parole. Paura e impazienza. Tutto affogato tra le pagine di una raffica di romanzi e, come sempre, nella musica. Un sorriso stanco e improvviso che sale sul viso senza comprendersi. Ed eccomi. A tornare. Qui.
Ecco come ci si sente quando il futuro prende forma di colpo, dopo interminabili attese. Magari confusi e sfiniti. Ma senza rimpianti. Sereni. Non fosse per il mio modo sbieco di lasciarmi sopraffare da certe piccole ossessioni per sfuggire ai momenti difficili, ai timori e alla stanchezza. La solita me che scivola a volte nel fango dei propri limiti facendo male e se stessa. E nient’altro. Ma a stare in equilibrio ci provo e non accetto il cadere come inevitabile, il che, per certi versi, mi lascia sperare in giornate di sole, nonostante il perdurare della danza lieve delle mie ombre.
E’ un pomeriggio tiepido di vento, sole e mal di testa. E’ un pomeriggio solitario quel tanto che basta. Un pomeriggio da provare in caratteri minuscoli e penne colorate. Io sono qui. C’è qualcuno?

martedì 7 aprile 2009

sembra estate

Bologna è una bella città. Ha mattoni rossi, cieli blu, torri ed una bella stazione. Fare la pendolare da Milano e Bologna è una cosa che solo un mese fa non avrei creduto possibile. La mattina cambio tre treni, due solo per arrivare a Milano e coprire questi dannati 20 km. Poi è tutta discesa.
Le giornate hanno anticipato il loro baricentro. E questo mi piace. Ci sono molte cose che mi piacciono. Mi piacciono così, di istinto, anche quando non hanno ragioni evidenti per piacermi.
Oggi sono stata a Milano, niente trasferta. Milano è una bella città. Non faccio paragoni. Ma io l’amo. Amo certi blu che sembrano estendersi verso l’altro all’infinito. Guardarli dai gradini della stazione di Porta Romana, in quelle piccole attese che fermano il tempo. E ti lasciano galleggiare. E finalmente guardare. E finalmente pensare. E accorgerti che sembra estate.

domenica 5 aprile 2009

ultima insegna accesa...

[una canzone davvero bella, alla quale non attacco commenti inutili]



Tu che sei parte di me
Le tue braccia lunghe
spalancate all’aria
Solo nel vento sei sempre felice
Butta via i ricordi, getta ogni cornice,
lascia spazio alle cose a venire
Fuori
c’è una notte intera
Puoi perderti..
Tu che sei parte di me
e lasci fuochi
piccole tracce
per riportarmi a casa
Tu che sei parte di me
Ultima luce,
ultima insegna accesa
E ogni nuova paura
alza il fumo negli occhi
e le parole cominciano male..
Ti riuscissi a dire,
riuscissi a spiegare
E’ solo pelle che inizi a cambiare
Fuori
C’è una vita intera,
vuoi perderti?
Tu che sei parte di me
e sciogli i fili,
le resistenze,
le mie mani chiuse
Tu che sei parte di me
e porti sogni
e mi fai sorprese
Tu che sei parte di me
Soli per la notte intera,
soli per la vita intera
Tu che sei parte di me
e sciogli i fili,
le resistenze,
le mie mani chiuse
Tu che sei parte di me
e porti sogni,
e mi fai sorridere
Fuori
una notte intera
Fuori
una vita intera

venerdì 3 aprile 2009

ah, il futuro!

Metti un tramonto sulla pianura. Su questa pianura infinta tagliata in due parti da una riga blu di acqua e correnti e momenti che scivolano via, lungo gli argini. Paesaggi sconosciuti che un po’ cominci a conoscere. Sfumature di luce dentro il tramonto. Il sole, la pioggia, i campi allagati, l’autostrada che segue la ferrovia. Partire, tornare, per poi partire di nuovo. Cercare di fissare elementi come puntine su un pannello di sughero. Immagini, pagine scritte, nomi e volti. Cercare di prendere confidenza con una vita nuova. Per farla mia. E magari un po’ nostra. Decidere fa bene. Cambiare fa bene. Lasciare indietro quel miele che ormai era veleno.

lunedì 23 marzo 2009

mi tuffo perplessa in momenti...

Sembra estate. Una strana estate surreale e momentanea. Un gioco di luci. Un soffio di vento. Quel vento che stranisce. E fa sentire perduti in qualche punto del mondo. Un puntolino, una formica in movimento su una sfera scabra. Un altro giorno è volato via. Nel vento. Ore, minuti che si staccano dal calendario. Fogli. Vorrei solo un morso di stabilità. Per poco. Un assaggio. Giusto per.

domenica 22 marzo 2009

and i know...

Un'ora e mezza di corsa. Come dire bisogno di sfinirsi un pò. L'aria è ancora fresca nonostante il blu e il sole siano da manuale. Ma ho messo lo stesso i calzoncini corti.
Il fatto è che dovrei sentirmi impaziente e felice. E mi ci sento. Solo che allo stesso tempo mi sento in un milione di altri modi. Confusa, malinconica, sola. Avrei così tante parole da dire e occhi da sfiorare adesso, ma rimango immobile perchè non so, non so più nulla. Sento addosso l'elettricità di questa distacco, le parole non dette, i desideri, le delusioni passate, le frustrazioni, le attese disattese, la fiducia, l'orgoglio, la rabbia. Molte cose. Le sento venire meno a poco a poco. I punti di riferimento. Sparire. Ho paura adesso. Mi sento sola adesso. E vorrei dirlo con la voce abbastanza alta perchè per una volta mi si possa sentire: non lasciarmi sola. Domani sarà diverso.



...there's a way and I know that I have to go...

giovedì 19 marzo 2009

Senza voltarsi

Le mie palpebre chiuse. Il sole che accarezza il viso. Il vento del mattino è ancora sferzante. Qualche volta bisogna scegliere. Di non lasciar passare questo treno restando ad aspettare. Come se i treni potessero essere infiniti. Come. Se. Ma. No, questo è il tempo di scegliere. Di muoversi. Di non restare fermi. Di partire. Senza voltarsi.
E chiudo le mie cose dentro scatoloni pesantissimi. Li spingo a calci sull'ascensore. So che dentro ci sto chiudendo quei sogni che avevo. Resto seduta sulla scala sul retro. Palpebre. Sole. Aria fresca. Le braccia intorno. Silenzio. Io. Io sola. Sola a decidere, a scegliere. E che sia una lacrima sola e poi più nulla. E poi solo vivere. Senza voltarsi.


martedì 17 marzo 2009

il dado è tratto

Sono una che può dondolarsi così a lungo sull'altalena dell'indecisione da farsi venire la nausea. A volte. Non stavolta. Un'insolita risolutezza. Non so se mi ci riconosco ma tant'è. Nulla è per caso. Nulla è per regalo. Nulla è indolore. Ma il dado è tratto. Io ho deciso. E se sarà la scelta sbagliata ci penserò. Ma sarà mia, la scelta. Tutto mio il merito e tutta mia la colpa. Ed è aria fresca. E chi crede che io sia materia fragile, corpo che si dissolve tra le dita, senza consistenza. Si sbaglia. Il vento insegna quale sia la forza delle cose invisibili. Il vento che cambia i deserti.

venerdì 13 marzo 2009

Frizzante

Una stanchezza elettrica, un pò incredula. Pesante dentro la sera. E al contempo leggere leggera, frizzante. Come vento. Un vento che accarezza il buio ad occhi chiusi. E ha le stelle e la luna tra le dita. Il timore e la speranza. I sogni. Le sconfitte e le rivincite. Le rivincite.

martedì 10 marzo 2009

L'insofferenza

Mi pesa addosso come un vestito imbottito di piombo. E' questa giornata, questa sera opaca. Sulle spalle, sulla linea del mio collo. E se me ne spoglio. E se non mi tengo addosso altro che non sia la mia nuda pelle. Non c'è un centimetro che non bruci come braci per l'insofferenza di me stessa. Cambia il tempo. Mi cambia intorno di temperature miti e sere più lente che avvolgono e schiacciano e comprimono. Buio e notte, che disinnescano il blu e il vento di queste giornate di aria. Non mi sopporto. Oggi non mi posso soffrire.

lunedì 9 marzo 2009

Tempo perso

Il vento ha pulito i contorni di questa giornata di attesa. Non una sola nuvola, il cielo liscio come una tavola. Il vento ha smorzato le mie asprezze e mi ha lasciata in silenzio, in attesa. Attendo. Mentre scende una sera chiara e limpida di luna rotonda a cui manca un pezzo. Il tramonto sopra i tetti, dietro la ciminiera. Dal rosa al blu della notte. E la notte mi mette addosso un’angoscia insofferente. Come se non avessi fatto abbastanza. Come se non avessi vissuto abbastanza, Questa giornata. Esco. Parto e rimando. Rimango. Altri dieci minuti prima di tornare a casa. E spegnere il tramonto. E chiudere i miei occhi. E domandarmi dove è che ho perso oggi.



venerdì 6 marzo 2009

Stelle buone

Una città color mattone ed una stazione sopra le mie aspettative. Mi è piaciuta. E molto altro. L'eurostar mezzo vuoto del ritorno ha rasserenato certi cieli. Neri. Paracetamolo prima di andare a letto. Notte lunga, piena di sogni di veglie e di attese. Poi eccomi, un giorno, nuovo, pieno di sogni pure lui.
Non so come guardare a me stessa. Come una che non ci rinuncia. A credere in cose sempre nuove. A risorgere dai fallimenti. A fare a pezzi le delusioni. Ad entusiasmarsi, a desiderare. Una patetica illusa. Mi guardo indecisa tra le stima e la pena. E poi distolgo lo sguardo e basta.
Desideri. Ciò che nascondo tra le palpebre e le ciglia oggi è un desiderio. Un segreto. Lo vorrei. Lo vorrei tanto. E ho una dannata paura.



giovedì 5 marzo 2009

giovedì

Piove su Milano, sull'asfalto, sui tetti, sui binari del tram e sui miei capelli stretti in una piccola coda. Ho fatto il biglietto per un treno. Andata e ritordo. Domani. Indecisa su quali siano le cose che dovrei desiderare decido di non desiderare affatto. Di stare ai primi danni. E di camminare sotto la pioggia, sotto un ombrello minuscolo, attraversare pozzanghere larghe e profonde come laghetti grigi tra le sponde dei marciapiedi. Sono la pioggia e il fango, i primi punti di verde nelle aiule, le nuvole pesanti, i fili della corrente.

...Lifting up an empty cup, I ask silently
That all my destinations will accept the one that's me
So I can breathe...

lunedì 2 marzo 2009

Il silenzio elettrico di questa stanza nella quale sono solo ospite ora. Ospite con le valige fatte e le scarpe allacciate. Con una fastidiosa sensazione alla base della schiena. Di fastidio. Di attesa. potrebbe succedere di tutto. O nulla. Ma, come disse qualcuno, occorre tenersi pronti. Poichè non si conosce nè il giorno nè l'ora.
Prendo appunti a margine della normativa sui lavori pubblici. A matita. Mi tengo pronta. Questa grigia giornata sopra Milano mi fa derivare altrove. A certe me stesse impresse in altri punti dello spazio e del tempo. Momenti più leggeri. E più pesanti. Fotografie. Mi sento lontana in modo inappropriato e allo stesso tempo concentrata sul punto.
Vorrei che una volta tanto scegliessero me. Tra mille, tra due. Vorrei che per una volta non ci fosse una discriminante, una ragione, una scusa. Vorrei essere quella giusta.
La sera rischiara di sole e il grigio si stempera nei colori di un tramonto. Mi sembra semplice distinguere le cose che non contano da quelle davvero importanti e mi domando dove sia finito il tempo che ho perso a mettermi in croce. Sarò migliore. Se ci sarà una scusa, una ragione o una discriminante quella non sarò io.




domenica 1 marzo 2009

Nessuna certezza

Nessuna certezza. Voglio dire, domani potrei essere chiunque. Giro interi film dentro la mia testa. Ho fantasia nelle trame. Partendo da uno spunto posso costruire un romanzo. Gli spunti nascono, muoiono, a volte diventano veri ma quelle volte in cui diventano veri non sono mai come li avevo immaginati dentro la mia testa. Per questo l'unica cosa certa è l'incertezza. Io non so quella che sarò domani.

mercoledì 25 febbraio 2009

disinnescata

Mi sento davvero stanca. Stanchissima. Di questa situazione sospesa. Di questo salire, arrampicarsi, cadere, rialzarsi, salire. Vorrei arrivare da qualche parte. Fosse solo per poco. Mettere un punto. Invece è tutto un divenire. Invece è tutto all'inizio e non so dove andrà a finire. E, semplicemente, non so. Non so niente.
Non so niente a allora vado a nuotare nel blu trasparente della piscina, mi siedo vicino al finestrino e mi perdo nelle pagine di un libro, cammino nell'aria fredda del mattino pensandoti (a cosa stai guardando, a cosa pensando, a com'è la luce intorno), mi concendo un te in un bar, tutta sola. E altro. Tutta sola.
La speranza e l'amarezza. I sogni. Il domani. Adesso. Adesso è buio fuori. Ti chiamo con i pensieri. Grido, piango, spero e mi dispero. Senza emettere nessun suono. Senza fare rumore. Come liberarsi della mia pelle. Come mettermi addosso una pella nuova. Ne ho voglia. Ma non senza dolore.



giovedì 19 febbraio 2009

Gocce

Metto insieme le ultime gocce di questa giornata. Che scivolano stanche lungo le punte dei capelli e delle ciglia. Delle dita. Gocciolano dagli occhi lungo il collo e la schiena. Fino a formare una pozzanghera sul pavimento. Ed è la sera. La sera di un giorno lungo e pesante come piombo, che ne segue altri lunghi e pesanti allo stesso modo. Goccia. A goccia.
Sento uno strano freddo. Nelle spalle e nei piedi nudi. Sento nell'aria l'odore di questa sera di dita che battono sulla tastiera e pensieri che salgono troppo in alto. Lontano. Gocce invisibili di cristalli di ghiaccio e vento che galleggiano dentro il buio. Una sensazione fluida di leggerezza e quieto ritorno. Tornare a me stessa. Di nuovo.

solo sangue

Fragile. Come queste giornate di cristallo. Liscia e trasparente. E poi affilata di schegge appuntite e frammenti se a pezzi sul pavimento. La confusione sorda tra le pelle e le vene. Apri gli occhi nel buio. Percepisci il calore del tuo corpo immobile tra le lenzuola. Ossa e sangue. Senti il tuo cuore batterti nel petto. Indipendente, solitario, grande come un pugno. Fragile.